La moda, il sabato mattina. A cosa serve la Couture
Oggi torniamo ai nostri consueti riassuntoni, visto che per qualche congiunzione astrale qui abbiamo cominciato a dormire con un pizzico di regolarità (sì, lo so, poi c’è la regressione del quarto mese) e sono riuscita a stare dietro alle sfilate della Haute Couture parigina, tranne Gaultier, la recupererò oggi. Dunque, partiamo!
Perché parliamo della Couture. Prima di tutto perché è bella (nel senso più banale del termine, spettacolare, emotiva) e non mi sembra un fatto trascurabile in una nuova stagione di moda segnata dalle restrizioni. Niente red carpet, niente grandi ospiti - a parte Kanye West e la sua nuova fidanzata, ma ci arriviamo. E poi, in questi due anni di pandemia, l’Alta Moda si è conquistata il ruolo di termometro della temperatura corporea della moda - fu la prima, a luglio 2020, a sdoganare i fashion movies al posto delle sfilate e, un anno dopo, a tornare dal vivo. Anche questa volta racconta un pezzo di quello che sta succedendo, tra stilisti che scelgono di comunicare la non necessità di una sfilata in un dato momento storico (Giorgio Armani), altri che si prendono la libertà di presentare quando lo ritengono opportuno (Balenciaga), alcuni, pochi, che si rifugiano nel digitale, ma senza crederci per davvero e infatti sono passati nella totale irrilevanza. E poi quelli che una sfilata l’hanno fatta.
Vendere un’idea. Schiaparelli ha abbandonato il digitale e quelle immagini fatte con il grandangolo che hanno contribuito a dare un’identità ben precisa al rebranding del direttore creativo Daniel Roseberry, alla guida della maison dall’estate 2019 e già ottimamente proiettato nel business del celebrity styling - suo era il look di Lady Gaga per l’inaugurazione della presidenza di Joe Biden, so che sembra passata una vita ma vorrei dirvi che era solo un anno fa. Al di là delle ispirazioni di stagione (Roseberry ha detto di essere stato ossessionato dal film Dune e di aver pensato molto a un “pianeta Schiaparelli”) ciò che è interessante di questo nuovo appuntamento (sfilata integrale) è il fatto che Schiaparelli sia effettivamente un brand di oggetti e di comunicazione, più che di abiti e di vendite. È l’ennesimo esempio del successo di brand che vogliono venderti un’idea, un’ispirazione, piuttosto che un capo. Giusto per curiosità mi sono chiesta cosa effettivamente funzionasse nell’ecommerce Schiaparelli - forse direi i gioielli.
O vendere un abito? All’altro capo di questa matassa c’è, naturalmente, Dior (sfilata integrale). Consiglio vivamente la lettura del pezzo di questa settimana di BoF intitolato Dior’s Maria Grazia Chiuri: A Fashion Hitmaker’s Method. Giusto per riassumere: HSBC stima che i ricavi del brand siano più che triplicati da quando la designer è entrata a far parte dell'azienda nel 2016, salendo a 6,2 miliardi di euro nel 2021. Dunque, se la Couture serve a Roseberry per rafforzare la sua idea di moda, il meccanismo è uguale e contrario per la Chiuri. Tanto che la sua Couture appare più indossabile (e acquistabile, magari non da noi, ma ci sarà sempre qualcuno che può permettersela) che mai.
Cosa sta in mezzo. Tra questi due estremi ci sono molti altri approcci altrettanto forti e interessanti da raccontare e tutti hanno in comune il metodo: la sfilata come linguaggio per sottolineare se stessi. Vi ricordate quando poche settimane fa abbiamo parlato della strategia di riposizionamento di Chanel? Ecco, anche con questo appuntamento (sfilata integrale) la Maison ha ribadito il suo mondo, quello di Charlotte Casiraghi a cavallo e come lei tutte le splendide rampolle - reali o no, europee o no - che in quel mondo si identificano. Anche qui, come da Dior, gli abiti sono essenziali, ma in un senso diverso. Sono più Chanel, più che altro, quindi più vicini all’immaginario dalle radici del brand. Obiettivo, rendere quelle radici più solide che mai e stabilizzarsi, dunque, sulla fetta di mercato desiderata.
La sfilata è il linguaggio. Anche e soprattutto da Valentino (sfilata integrale). Pierpaolo Piccioli ha parlato spesso di ri-significazione, un’operazione in diversi atti per costruire un sistema di valori nel quale una community variegata possa rispecchiarsi. Questa volta tocca ai corpi - tema scottante quando nel 2022 capita ancora e spesso e volentieri di non trovare nei negozi abiti adatti a una taglia oltre la 42. Corpi diversi, non diversi dal normale, perché normale non esiste, ma diversi tra loro - VARI - che spalancano le porte della Couture e, finalmente, se ne appropriano. Nel senso che sono gli abiti a essere costruiti intorno ai corpi, proprio come dovrebbe essere nella Couture. Da osservatrice della moda ho scritto su Instagram che guardare questa sfilata è stato per me liberatorio: tante, troppe volte ci siamo dovuti accontentare di una sola, massimo due modelle “fuori taglia” in passerella. Ora è il momento di aspettarsene molte di più. E poi toccherà anche agli uomini.
Non pensate che sia facile. Riaffermarsi, dare una definizione di sé e del proprio lavoro. Kim Jones ha debuttato da Fendi un anno fa (ancora, sì, era solo un anno fa) e da quel momento ha parlato in modo piuttosto chiaro dell’operazione che sta facendo, con Roma al centro della narrazione. Come idea ha senso: perché il racconto della romanità di Fendi non dovrebbe funzionare per ricostruire la narrazione del brand?Nello show di questa settimana (sfilata integrale), però, si interseca con l’interesse del designer per tutta una serie di temi che hanno a che fare con lo spazio - anche lui ha citato Dune, tra l’altro. E poi c’è appena stata la sfilata di Dior Homme, sempre di Jones, di cui si è parlato molto. In un tempo in cui la capacità di attenzione è bassissima mettere tante cose insieme significa impiegare più tempo per affermarle.
Lo so, lo so, su Instagram avevo detto che avremmo parlato di Kanye West e Julia Fox. Facciamo settimana prossima? Vedremo. Sta di fatto che Julia pareva pure avere una personalità prima di incontrare lui, l’aveva raccontata Clara Mazzoleni su Studio. Ora è diventata la tavolozza per l’ennesima operazione di marketing di Ye.
PEZZI BELLI DELLA SETTIMANA
Il mercato del second hand di lusso sta crescendo e di molto (The Fashion Law)
E quindi ecco perché parliamo tanto di archivio (i-D)
Chanel ha inaugurato le 19M, un incredibile hub che ospita più di 600 artigiani, tra maison d’arte e scuola di ricamo (MF Fashion)
È morto Thierry Mugler (Amica)
Il debutto di Nigo da Kenzo (GQ)
MODA DA GUARDARE, LEGGERE E ASCOLTARE
Gucci ha pubblicato un podcast dedicato alle sue borse Beloved, raccontate da Alessandro Michele e Chiara Tagliaferri
State dunque guardando Euphoria, giusto? Un bell’approfondimento sui costumi ⬇️ Se volete recuperare il mio pezzo invece (Rivista Studio)
SHOPPING LIST
COMEFORBREAKFAST sta facendo una mega svendita nel suo nuovo store, in via Atto Vannucci 10, a Milano. Ho diverse cose loro e consiglio!
Newsletter del mercoledì insolita, abbiamo parlato dello stile di Eugénie Trochu e di come prendere qualche spunto, la ritrovate qui
SCUOLA E LAVORO
Due agenzie fantastiche per tre annunci di lavoro ➡️ Molotof Studio cerca un junior digital graphic designer e un digital account intern (cv a hello@molotofstudio.com), MM Studio un senior account (cv a hello@mm.studio)
Poi, MyTheresa sta cercando un senior stylist menswear
Una riflessione preziosa su come sono cambiate le redazioni in questi due anni di pandemia e sugli insegnamenti che possiamo trarne (Reuters Institute)
Ci sono delle nuove borse di studio per Accademia Costume e Moda, a Roma e a Milano
BONUS TRACK. Dunque, a un certo punto di questa settimana sono inciampata nella questione Dikele-Fedez (tramite un post di Outpump che riflette su quanto il mondo della musica si sia disabituato al confronto, anche nella moda purtroppo arranchiamo). È stato esaltante perché non so assolutamente niente di quel mondo e quindi, credo, ho potuto farmi un’idea sull’intervista al centro dell’attenzione. Un’idea che non ha niente a che fare con il contenuto - di cui, appunto, sono poco informata - bensì con il ruolo dell’intervistatore, che sia un giornalista oppure no e che dovrebbe essere sempre imparziale, al di là dei suoi gusti e/o trascorsi personali con l’intervistato. Altrimenti il risultato è questo e non è certo un granché.
P.S. Anche io, come Fedez, avrei voluto che parlassero di Ghali, ma per ben altre ragioni 🤣 Per chi segue da poco, c’è stato un tempo in cui gareggiava con Harry Styles sul podio delle mie crush 💘
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