#67 Back to Milano
Nonostante la Milano Fashion Week sia tornata effettivamente alla sua versione pre-pandemica - un evento dedicato agli addetti ai lavori con qualche iniziativa aperta anche agli appassionati - io l’ho vissuta comunque in modo diverso dal solito. Non potevo certo girare come una trottola tutto il giorno e quindi ho visto solo una manciata di cose, per il resto sono stata principalmente salda sul divano, fiera di aver ascoltato le mie migliori amiche che minacciavano un parto anticipato per colpa della FOMO modaiola. Questo mi ha permesso di avere per la prima volta uno sguardo più distaccato sull’atmosfera generale e sui singoli eventi. E di ragionare sulle necessità di cui abbiamo parlato durante l’emergenza: un rallentamento dei ritmi per dare un segnale forte contro lo spreco creativo e produttivo, una maggiore attenzione ai giovani talenti, una ricerca di interesse anche da parte dei non addetti ai lavori coltivata durante i lockdown a suon di iniziative social… Insomma, ormai sapete che sono un po’ queste le mie ossessioni. Ora vorrete giustamente sapere a quali conclusioni sono giunta dopo tutta questa osservazione e quindi eccone qualcuna qui: un reportage totalmente random delle mie impressioni di questi giorni.
È veramente difficile appassionarsi ai contenuti social sulla fashion week. Tanti sono anche ben fatti e con impegno ma, se la morte delle sfilate digitali (si può già dire, giusto?) ci insegna che non basta una regia impeccabile per godere pienamente dei vestiti e di tutto ciò che li circonda, capite quanto possono essere interessanti le foto (brutte) degli stessi.
Ancora di più con il ritorno delle passerelle tradizionali. Evidentemente non pensate per chi le guarda da smartphone, prive di qualsiasi fonte di interazione e svuotate della narrativa da fashion week digitale.
Questo però non significa che quei vestiti non possano essere condivisi con un pubblico più ampio. Esattamente come le location: in giro era tutto un “che bello questo posto, quanto tempo che non venivo”. Non sarà Roma o Napoli, ma Milano è piena zeppa di posti da vedere, solitamente chiusi al pubblico, a partire dagli headquarter dei brand. Quindi che si fa? I vestiti ci sono, le location pure…Post sfilata/presentazione si potrebbe allestire una sala con entrata tramite prenotazione gratuita. Perché no?
Perché Milano ama la moda. E infatti la cosa che mi pare meglio riuscita di questi giorni è #Feelslikeprada, la campagna di comunicazione by Ferdinando Verderi con i muri di Porta Venezia fotografatissimi su Instagram e la collaborazione con diversi panifici della città per gli inviti alla sfilata (fino al 29 settembre, correte dalla vostra pagnotta!)
La polarizzazione dei look degli addetti ai lavori. Di mezzo c’è stata una pandemia, eppure la fashion week si divide ancora tra chi si veste e chi no, con un effetto distopico di eventi presidiati da invitati in jeans e Birkenstock e altri in piume e paillettes. Oppure sono solo le nostre molteplici identità, quelle che hanno passato i lockdown tra sweatpants fatigue, decluttering e shopping pazzo.
Vi ricordate quando a luglio vi ho raccontato dei cambiamenti in atto nei giornali? Ecco, in giro non si parla d’altro. A questo proposito ieri è uscito il numero per i dieci anni di Rivista Studio, che è un giornale per cui scrivo da qualche tempo, ma che è soprattutto un giornale che leggo da quasi dieci anni. È anche l’ultimo numero con Federico Sarica come direttore che passerà in Condé Nast come coordinatore dell’edizione italiana di GQ e che giovedì ha scritto questa cosa 👇🏻
Milano è giovane. Anche se non hanno tutta la visibilità che meritano (l’unico sito su cui ho trovato quasi tutte le nuove collezioni italiane è Tagwalk), i nostri young designers stanno benone. Se penso a quando ho iniziato a frequentare la settimana della moda, qualche anno fa, non era concesso alcuno spazio a nomi che non fossero altisonanti (o altospendenti). Poi, stagione dopo stagione, qualche tentativo c’è stato - Armani ha ospitato qualche sfilata nel suo teatro, i vari hub di Camera Moda - ma anche rispetto all’ultima fashion week dal vivo, quella di febbraio 2020, ora è tutta un’altra musica. Se lo sono presi da soli lo spazio: hanno fatto quello che fanno i designer, coltivare la propria identità, e nel frattempo hanno scavato nuovi percorsi per farsi conoscere - dall’utilizzo dei social alla tecnologia, dalle celebrities alle collaborazioni artistiche. Dobbiamo loro un “bravi” non solo per le collezioni, quindi, ma anche per aver lavorato quando non c’era nessuno a guardare. E per rendere finalmente l’idea che la moda italiana non sia solo Fendi, Armani, Prada, Gucci, Versace e via così. Ci sono, li amiamo, ma dobbiamo guardare anche al “dopo”, specialmente durante la settimana della moda. E quindi eccoli qui, enjoy!
E Dua da Versace? Le code di Miuccia/Raf? Il logo di Fendi? Ma alla fine non è uscita la co-lab Versace/Fendi? E il nuovo Missoni? Ne parliamo alla fine, tanto le sfilate non scappano e avere una prospettiva ampia su tutte le collezioni presentate durante il mese ci aiuterà a trarre conclusioni più limpide.
PEZZI BELLI DELLA SETTIMANA
Come l’attenzione alla sostenibilità sta cambiando le public relations della moda (BoF)
Abbiamo già parlato più volte di Ibrahim Kamara, a mani basse lo stylist più rilevante degli ultimi mesi: ora è uscita una bella intervista (NYT)
Abbiamo già parlato anche di Diet Prada, ma c’è qualche aggiornamento sulla causa con Dolce&Gabbana e sul ruolo dell’account in un panorama mediatico molto cambiato negli ultimi due anni (Vanity Fair)
Se proprio dobbiamo parlare di streetstyle molliamo i look forniti dai brand e prendiamo quelli di Liana Satenstein, che sul tema ha scritto una specie di diario di bordo (Vogue)
MODA DA GUARDARE, ASCOLTARE, SFOGLIARE E COMPRARE
Un bel progetto di fanzine per amanti dell’editoria (A magazine reader)
Io e Silvia abbiamo risposto a un po’ di domande sulla moda sostenibile (Instagram)
È in vendita la felpa (V)Vaccinated di Valentino, i cui proventi saranno destinati al programma COVAX attraverso cui Unicef si impegna a consegnare più di 2 miliardi di dosi di vaccino
7 minuti e mezzo con Yohji Yamamoto, da guardare e riguardare 👇🏻
SCUOLA E LAVORO
Bally cerca un Global Creative Services and Content Creation Coordinator, YOOX un Social Media Specialist, Bottega Veneta un Architecture PM freelance
Dal 30 settembre al 3 ottobre ci saranno due festival del giornalismo con incontri super interessanti, qui i programmi: Internazionale a Ferrara e DIG a Modena
BONUS TRACK. Un pezzo del 2015 che spiega perché le riviste di moda hanno senso di esistere, rafforzato dagli eventi degli ultimi sei anni (The Atlantic).
Bene, mentre noi facciamo colazione la Milano Fashion Week prosegue (fino a domenica) e poi si parte subito con i dieci giorni conclusivi di Parigi. Intanto vi lascio a loro due, buona settimana 🦄
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