Ricevi questa newsletter perché sei iscritto a La moda, il sabato mattina di Federica Salto. Pitch Perfect è uno spin-off che ospita altre firme del giornalismo di moda (e dintorni) e oggi è stato scritto da Maria Francesca Moro che si descrive così. “Trent’anni, diventata giornalista di professione a causa di un’insaziabile curiosità. Attualità, sostenibilità e mondo del lavoro: nel corso degli anni ho scritto di mondi diversi, senza mai perdere il vizio di tornare sempre alla moda, lì dove la mia carriera iniziò.”
Cos’è cambiato da quando ho smesso di vestirmi per il Male Gaze
Ho trascorso più di un decennio a rincorrere il desiderio maschile. Da ragazzina sognavo di essere un poeta maledetto; ma, accortami ben presto di essere sprovvista del talento lirico di D’Annunzio e Baudelaire, ho trovato fosse più facile trasformarmi in una delle loro muse. Avevo circa quindici anni quando decisi di diventare una femme fatale. Volevo che i maschi mi desiderassero a tal punto da scrivere per me un capolavoro in versi (obiettivo mai raggiunto, il massimo ricevuto è stato un graffito nel cortile del liceo).
Una volta cresciuta, e lasciatami la pubertà alle spalle, dimenticai l’inizio della messa in scena e mi convinsi che la seduzione era una parte di me, la mia essenza più vera, fondamento del mio essere. Seducente doveva essere la mia camminata, i miei gesti, il sorriso, il parlare e, non di meno, il mio modo di vestire. A immaginare uno stile finalizzato alla cattura dello sguardo maschile scollature vertiginose e tacchi da slogarsi le caviglie sui sanpietrini sono le prime cose a venire in mente. In realtà, vestirsi per piacere ai maschi è una pratica più complessa. Se i tuoi abiti servono a catturare il prescelto (e anche tutti gli altri), devono sapersi, di volta in volta, plasmare sui desideri della vittima di turno. Il che non implica un radicale cambio di look ad ogni nuovo fidanzato, alla maniera di Kourtney Kardashian. Significa piuttosto scegliere il travestimento più adatto a raggiungere lo scopo e vuol dire, anche, indossare esclusivamente capi che mostrino i lati più interessanti per la platea di spettatori. Sottolinea il punto vita, solleva il seno, esalta i glutei, mostra le gambe ma sempre con classe perché tu sei una femme fatale non una tronista.
Di fronte a tali premesse non stupirà sapere che, a un certo punto, io sia finita sul lettino di un’analista. E su quel divano rosso ho capito che, forse, considerare la mia persona come uno strumento di piacere e dannazione dell’uomo avrebbe, a lungo andare, potuto limitare il mio personale sviluppo. Basta pensare ai maschi, basta vestirsi per loro. Tutt’al contrario – grazie anche agli illuminati consigli dell’allora agli esordi Man Repeller – avrei iniziato a indossare solo abiti che i maschi li allontanassero. Ballerine, mocassini, rossetto nero, Birkenstock: se c’era una cosa mai criticata da un qualsiasi essere umano munito di barba quella finiva nel mio armadio. Me ne andavo in giro fiera sotto strati e strati di tessuto, tronfia del mio essere così distante dal desiderio del maschio, così audace, così libera. Se a quei tempi ci fosse già stato TikTok avrei trionfalmente preso parte al trend Male Gaze VS Female Gaze, usato dalle utenti per mostrare quanto siamo tutte più chic quando ci vestiamo per piacere alle ragazze e non per i ragazzi.
Il termine Male Gaze fu coniato, nel 1975, dalla critica cinematografica Laura Mulvey che, nel saggio “Visual Pleasure and Narrative Cinema” metteva in luce come, nei media, i personaggi femminili fossero disegnati per appagare lo sguardo maschile, tanto nell’aspetto quanto nell’agire. Oggi, il concetto di Male Gaze è tornato in voga, allargando il proprio spettro d’azione fino ad integrare l’intero quotidiano. Ci depiliamo perché lo desideriamo o per compiacere il fidanzato, abbiamo iniziato a chiederci. Indosso i tacchi perché mi piacciono o perché ho interiorizzato il patriarcato? E così via in un interminabile loop di messa in discussione femminista di qualsivoglia scelta estetica e sociale. Tra i primi alleati giunti per sconfiggere il Male Gaze c’è stato il Power Dressing. Lo stile che dona sicurezza e autorità: in pratica, blazer sartoriali e tailleur pantaloni. In pratica, vestirsi come un maschio. In altre parole, ha sottolineato la docente di Marketing della RMIT University su Refinery29, il Power Dressing non è che «l’esaltazione del maschile che, nello stereotipo, è simbolo di potere, autorevolezza e controllo». Per sconfiggere lo “sguardo maschile” gli abbiamo dato ragione, ammettendo che il virile è ciò a cui aspirare e il femminile, al contrario, la debolezza da cui prendere le distanze. Non può essere questa la risposta. Non è scimmiottandolo che si dimentica il patriarcato, non si possono dimenticare i diktat maschili nelle vesti di una Man Repeller, che l’uomo ce l’ha persino nel nome.
L’illuminazione sulle vie di Damasco della moda è giunta in seguito al mio primo primo appuntamento con una ragazza. Forte delle passate vittorie nel campo del dating, ho indossato il vestitino verde che tanti uomini fece già capitolare: non ha funzionato. La maliziosa scollatura a portafoglio non ha avuto il suo solito effetto, a nulla è valso il fluttuante spacco. Con lei la recita da femme fatale non ha funzionato, e, in seguito a un balbettante e sconcertato aperitivo, sono stata ghostata. Venendo così costretta, all’alba del secondo appuntamento (con una nuova ragazza che sarebbe, poche settimane dopo, tornata assieme alla ex) a guardare dentro di me e dentro il mio armadio alla ricerca dei capi che fossero davvero miei, che rappresentassero la persona che sono e non quella che i maschi sperano che sia. Alla ricerca di uno stile che mi fosse così congeniale da permettermi di affrontare baldanzosa la giungla dei Tinder date. È stato un po’ come tornare sul lettino rosso dell’analista. E, alla stregua della psicoanalisi, si è rivelato infine un processo tanto faticoso quanto efficace. Dimenticandomi dei maschi e concentrandomi sui miei di desideri, ho trovato finalmente quel che mi fa stare bene, che spesso è molto diverso da quel che mi sta bene. Ho scoperto e abbracciato uno stile incoerente e multiforme, in grado di rappresentare tutti gli aspetti della mia personalità – e non solo quelli accettati dal Male Gaze o perorati dal Power Dressing. Ho le mie pellicce buffe, le giacche rubate al nonno che è stato più di un papà, le t-shirt della band che mi fa ballare e le gonne longuette con le quali decreto il mio essere ormai adulta. La quindicenne che leggeva D’Annunzio, però, su una cosa aveva ragione: non sono mai stata così sensuale come da quando ho smesso di vestirmi per piacere ai maschi.
Mi chiamo Federica Salto, ho 32 anni e sono una giornalista. Dal 2020 ogni sabato mattina provo a collegare i puntini della moda con questa newsletter. Se non lo fai già e vuoi sostenerla (accedendo a più contenuti) passa alla versione premium.
📩 Iscriviti 🗃️ Archivio 📚 Risorse 📱 Io, su Instagram
Esistono poche cose appaganti quanto vestirsi per se stesse, per la mera gioia di farlo e sentirsi a proprio agio nei vestiti che si amano. Mi vesto per me stessa da circa un anno e fino ad ora è stato estremamente liberatorio e divertente. Inaspettatamente questo atteggiamento mi ha resa più libera anche in altre sfere della mia vita, portandomi a fare più scelte che appaghino me in primis, non gli altri. Una piccola rivoluzione personale, iniziata con il rituale di vestirmi per me stessa. Grazie Maria Francesca per questo bellissimo pezzo.
Proprio oggi mi è capitato di rileggere questo passo da The Robber Bride di Margaret Atwood:
“Male fantasies, male fantasies, is everything run by male fantasies? Up on a pedestal or down on your knees, it's all a male fantasy: that you're strong enough to take what they dish out, or else too weak to do anything about it. Even pretending you aren't catering to male fantasies is a male fantasy: pretending you're unseen, pretending you have a life of your own, that you can wash your feet and comb your hair unconscious of the ever-present watcher peering through the keyhole, peering through the keyhole in your own head, if nowhere else. You are a woman with a man inside watching a woman. You are your own voyeur.”