Ricevi questa newsletter perché sei iscritto a La moda, il sabato mattina di Federica Salto. Questo pezzo è stato scritto da Giorgia Feroldi, 25 anni.
Il suono della moda
I tempi in cui nascondevamo quell’icona viola dai nostri iPhone sono ormai lontani. Oggi le piattaforme di contenuti e musica in streaming come Podcast, Spotify e SoundCloud sono perfettamente integrate nella nostra quotidianità. La FIMI, infatti, riporta che nel 2021 lo streaming in abbonamento è cresciuto del 35.6%, mentre Spotify ha annunciato che il catalogo dei podcast in italiano è aumentato dell’89%. Molti marchi si sono resi conto delle opportunità che il branded audio offre per connettersi con il pubblico in modo personale e più intimo. L’audio è in grado di influenzare la percezione di un prodotto, orientando il comportamento degli acquirenti. La tecnica sfrutta ciò che in inglese viene definito “cross-modal perceptions”, traducibile come esperienza sinestetica. La generazione Alpha specialmente, cioè i nati dal 2010 in poi, crescendo in ambienti già particolarmente bombardati di prodotti digitali, necessiteranno stimoli più coinvolgenti per riuscire a fidelizzarsi ad un brand, come spiega un report di Wired. I negozi diventeranno quindi il luogo dove fare esperienza dell’identità del marchio e il suono sarà protagonista implicito, aumentando credibilità e differenziazione sul mercato. E come poteva la moda restarne fuori?
Il game changer in questo senso è stato Alexandre de Betak, produttore e set designer francese, che dall’inizio degli anni ‘90 ha saputo innovare e porre al centro dell’attenzione la produzione di un evento per la sua effettiva riuscita, concentrandosi sulla scelta musicale più di chiunque altro fino ad allora. Il lavoro a stretto contatto con i designer gli permette di creare l’atmosfera su misura per ogni sfilata: l’uso magistrale del suono nella Spring Summer 2007 di Hussein Chalayan o nell’ultima Spring Summer Dior by Raf Simons nel 2016 ne sono perfetti esempi, oltre alla Fall Winter 2022 di Ferrari dello scorso febbraio in collaborazione con il sound designer Frederic Sanchez.
Nel 2020 diversi brand hanno iniziato a guardare verso il sound branding per arricchire le varie strategie di comunicazione. La pandemia ed il conseguente senso di alienamento che ne è derivato hanno infatti spinto le case di moda ad un’ulteriore ramificazione dei contenuti. Sarà capitato ai più di imbattersi almeno una volta in una playlist curata dai marchi stessi: un insieme di canzoni che permette al brand di sviluppare e rinforzare ulteriormente una community attorno ad esso. Da The Row a Gucci, passando per Prada e le Fashion Week stesse. Più di recente, come racconta BFRND, marito di Demna e sound designer per Balenciaga, nella Issue 18 di System Magazine, il brand ha internalizzato la produzione di audio e ne ha fatto un caposaldo della sua comunicazione. I contrasti che son stati sapientemente introdotti nel soundtrack della Fall Winter 2022 sono infatti la traduzione delle emozioni che i vestiti e la scena scatenano, in grado di amplificarne poi il risultato.
È notizia fresca l’interessamento di Pinault, fondatore del colosso Kering, alla piattaforma francese Deezer. A fine aprile la famiglia Pinault avrebbe infatti stipulato un accordo definitivo per rilevare la seconda piattaforma di musica streaming più grande al mondo, con l'obiettivo di raggiungere 1 miliardo di euro di entrate entro il 2025. I piani di rilancio di Deezer sembrano sposarsi perfettamente con il progetto di crescita che si sarebbe prefissato Kering, alla ricerca di espansioni in mercati profittevoli come quello della musica in streaming. Non solo i big avanzano in questo nuovo ambiente, anche i brand più giovani hanno iniziato a sperimentare con i suoni. Se all’estero abbiamo Telfar che gioca con contenuti sonori della pop culture, in Italia troviamo SUNNEI, che ha da poco lanciato una radio propria oltre a trovarsi sui canali più classici quali Spotify e Soundcloud, per la quale è stata dedicata una parte del team con impegno full-time. Il brand inoltre sviluppa i soundtrack di tutte le sfilate internamente e li incide su vinile, è possibile acquistarli qui. Un altro esempio è Federico Cina, che ha inserito nella comunicazione del brand un interessante utilizzo dell’audio, evocante infanzia e ricordi nostalgici. Proprio Cina ci ha spiegato che la ricerca di questi suoni è nel suo caso istintiva: «Non siamo interessati a imporre una narrazione, ognuno può rielaborare il nostro progetto e farlo proprio: si tratta di un racconto universale di riscoperta delle proprie tradizioni e della propria identità, che nel mio caso è indissolubilmente legato alla Romagna». Rafforzando la narrazione del suo brand e diventando un elemento trainante, «Il suono è parte integrante dei nostri progetti e ci ha permesso di collaborare con artisti meravigliosi che hanno capito i valori del brand e li hanno saputi riportare in una traccia musicale».
Grazie Federica e Giorgia, da amante della moda e della musica trovo questo tema interessantissimo.
Per quanto la musica abbia sempre avuto un ruolo di un certo rilievo nella moda, è sempre stata relegata a sottofondo di sfilate o presentazioni, fungendo da amplificatore degli abiti e del messaggio di quella collezione specifica, come scrive Giorgia. Solo recentemente viene impiegata come strumento per delineare e comunicare l’identità del brand e trovo che si tratti di una strategia intelligente: quando ben eseguita, il cliente diventa fruitore di contenuti immediati che lo trasportano nel mondo del brand, in grado di aprirsi e rivelare le suggestioni, le ispirazioni che lo popolano. È uno stimolo, un confronto: mi pare che si apra un dialogo tra il brand e il pubblico, che renda quest’ultimo soggetto attivo e non solo passivo.
Spero vedremo molti altri modi di integrazione del suono (e altro) nella moda perché ritengo che il potenziale espressivo del brand ne esca amplificato e noi, che ne fruiamo, ne usciamo arricchiti.