Hello, spero che abbiate fatto ponte e che vi siate riposati! Quando settimana scorsa sono andata a frugare nell’archivio per controllare quando avevamo parlato per la prima volta di second hand in newsletter (esattamente due anni fa), mi sono resa conto che è la stessa distanza da quando ho cominciato a pensare al capsule wardrobe (con la sempre brava Giulia Loreti de Paolis). Brevissimo spiegone su capsule wardrobe, si tratta sostanzialmente di un guardaroba molto ristretto in cui tutti i pezzi sono pensati per essere abbinati tra loro, quindi intercambiabili. Quindi, sì, il primo obiettivo è essere più sostenibili, avere meno cose. Ma dovrebbe anche essere un modo per definire al meglio il proprio stile, imparare a capire cosa ci sta bene e in quali capi stiamo bene (sono due cose diverse ma ugualmente necessarie). Invece la deriva social del capsule wardrobe sono queste creator che ti dicono di comprare una t-shirt bianca, un paio di pantaloni neri, uno stivaletto e così via, senza valutare che magari ha senso anche tirarsi fuori dai soliti look visti e rivisti in infinite foto di street style tutte uguali, senza alcuna caratterizzazione. Va beh, chissene. Io ora mi dico a che punto sono e perché è stato ed è molto più complicato del previsto.
Ottobre 2020, appunto, questo è un video (orrendo) in cui sperimentavo con #Project22, la challenge che invita a valutare un armadio contenente solo 33 tra capi e accessori (a stagione). Sono pochissimi, sappiatelo. Però voi direte, bene, eri a posto. Due anni e una gravidanza dopo il mio saliscendi tra una taglia e l’altra non è ancora finito ma, soprattutto, quella prima selezione, frutto di grandissimi decluttering durante il lockdown, mi ha fatto capire che la mia idea di personal style era molto più vaga di quello che pensavo. Per la prima volta mi sono trovata a riflettere su quali tessuti preferissi, a cercare capi con una storia, a capire quali fossero i tratti comuni dei look che mi piacevano. E a costruire, quindi, una specie di uniform dressing. Altro argomento che mi appassiona molto e di cui ho scritto lungamente qui, in uno dei miei pezzi che hanno riscosso più successo online da sempre (è proprio vero che quando fai quello che ti piace…).
Non mi sento alla conclusione di tutta questa storia, anzi. Intanto, però, oggi metto qui in fila un po’ di cose che considero davvero valide in termini di capsule wardorbe, è solo una piccola parte, il resto è ancora tutto da fare ma ho pensato che magari tanti di voi hanno fatto o stanno facendo una riflessione analoga sul proprio armadio. Come sempre, se vi va di condividerla nei commenti io sono feliciona di sentire altre esperienze. Intanto, ecco qui i miei staples fino a ora.
Il trench. Ecco, se dovessi nominare una sola giacca sarebbe il trench. Rigorosamente beige, anche se in passato ne avevo comprato uno nero allo spaccio di Burberry a Londra e ogni tanto lo metto ancora. Al momento ne ho uno di Aspesi con taglio maschile, no revers, colletto piccolo, e uno di COS, preso l’anno scorso ma c’è ancora.
Le camicie di popeline. Sono eleganti, maschili, stanno bene con la tipologia di gioielli che mi piace (mi sa che facciamo una newsletter a parte su questo), davvero mi risolvono le giornate. Ne ho una azzurra di Totême (purtroppo non la trovo più in vendita ma qui altre camicie), una beige di The Frankie Shop (anche questa dell’anno scorso ma ne fanno parecchie) e una da uomo della capsule collection Simone Rocha x H&M.
I jeans, anzi, i Ribcage. Non conosco jeans al di fuori dei Ribcage di Levi’s. Non devo dirvi io però che comprarli online è il panico, cambia taglia anche da colore a colore.
Il verde e il rosa. In questi due anni ho veramente capito quali sono i colori in cui sto bene. Nero e beige sono i miei neutri, niente di grigio, bianco, marrone, non so, non ce la faccio. E poi il verde e il rosa, sempre. Verde militare e rosa fragola. Questa cosa qui l’ho capita facendo ricerca sfilate su Vogue Runway. Sostanzialmente, oltre alle ricerche di lavoro, ogni volta che esce una nuova sfilata o lookbook pinno quello che istintivamente mi piace, mi metterei. Ecco, è sempre tutto verde e rosa.
Va bene, mi fermo qui perché se no mi dite che vado troppo lunga. Fatemi sapere cosa ne pensate, magari il mese prossimo continuiamo. Intanto, buona settimana!
👋🏻 Sono Federica Salto, ho 32 anni e faccio la giornalista. La moda, il sabato mattina è nata il 2 maggio 2020 e ogni settimana propone tutto quello che vi serve sapere della moda (e anche qualcosa di più).
Ho un simpatico excel che sa morte e miracoli del mio guardaroba(segno cosa metto ogni giorno), e mi dice che ho un armadio di 308 capi(scarpe e borse incluse), ma 58 nn varcano la soglia di casa da almeno due anni.
Ciao Fede! Anche io negli ultimi anni mi sono focalizzata sul capsule wardrobe e appena ho messo piede su TikTok per capire cosa ne pensasse la Gen Z sono rimasta molto delusa da quei video di basici Amazon et similia. Il mio armadio è attualmente entro i 33 capi a stagione e devo dire che mi sto servendo moltissimo di Vinted per eliminare il superfluo e comprare un capo ogni 10 venduti in sostituzione. Nel tempo ho scoperto i miei gusti, ho sbagliato qualche acquisto (molto meno rispetto ad una volta) ma sono sicuramente molto più accorta anche a causa delle cifre che spendo, più alte rispetto a quelle di fast fashion che spendevo una volta. Cerco di studiare i capi, le composizioni, i vari utilizzi che potrebbero avere, è impegnativo ma molto soddisfacente! Sono molto felice del tuo modo di parlare di questo argomento, non vedo l'ora che sia il mese prossimo per scoprire gli altri progressi! Keep up the good work, Giorgia