#66 Manifesto per Milano
Con la NYFW finita in anticipo rispetto al solito e il Met Gala analizzato da ogni punto di vista possibile e immaginabile (io mi sono fatta un po’ di domande sullo stile americano, mentre il punto sull’abito “politico” di Alexandria Ocasio-Ortez è tutto di Alessandro Sahebi) sono arrivata indecisa sulla scelta dell’argomento per l’approfondimento di questa settimana. Alla vigilia della prima, vera Milano Fashion Week dopo l’emergenza ho ripensato alla mia prima Milano Fashion Week, che è consistita nell’entrata a una sola sfilata, un po’ di straforo. Era il 2010, frequentavo il primo anno del corso di styling e forse gli inviti arrivavano da qualche professore che ce li aveva passati perché non poteva andare. Io e la mia amica Alessandra eravamo lì, in piccionaia, a vedere solo le punte delle teste delle modelle di Etro, felicissime.
La settimana della moda per chi non ci va. La maggior parte dei milanesi semplicemente la odia, perché il traffico è imprevedibile e capriccioso e da qualche anno le strade sono imballate anche dal circo dello street style. Io, da quando ho cominciato a pensare alla moda come a un possibile lavoro, l’ho sempre amata, anche quando non mi invitavano da nessuna parte o quando rincorrevo la mia capa per prendere gli inviti che lei e le altre redattrici non volevano - grazie a questa tecnica, nel 2013, sono scivolata nel buio del Hotel Diana per vedere Gucci by Frida Giannini e lì ho capito che la mia carriera stava decollando. Sempre legati alle fashion week sono i lavoretti a cui ho avuto accesso come studentessa di una scuola di moda: un settembre io e un’altra amica, Alice, abbiamo passato due giorni al Circolo Marras per scrivere a mano i nomi sugli inviti dello show, entrando in un mondo totalmente sconosciuto che è quello dello showroom, dove stavano facendo la campagna vendita, e restando meravigliate. Mille volte ho fatto la vestiarista, ma quella che ho ricordo meglio è la sfilata di Frankie Morello che per primo aveva portato Chiara Ferragni in prima fila, alla Pelota. Ecco, lì ero un po’ meno felice, ma era tutta invidia.
Arriviamo a oggi.Insomma, a causa della mia esperienza personale, penso che la settimana della moda possa essere anche un’opportunità per avvicinare le persone. Così mi sono ritrovata venerdì pomeriggio a voler scrivere una specie di newsletter-manifesto, con una serie di considerazioni su quello che si potrebbe fare di più e di diverso per coinvolgere il pubblico, o almeno gli aspiranti addetti ai lavori e gli appassionati. Poi, però, sono rimasta imbambolata un’oretta davanti allo schermo vuoto. Spesso mi domando quale sia l’approccio più giusto per il mio ruolo come giornalista (lo so, è una parola irritante), influencer (siamo d’accordo che ormai ha un’accezione negativa?), content creator (fa subito burnout), insomma, non è facile neanche scegliere il titolo, figuratevi il resto. Mi sono chiesta: è giusto mandare una mail in cui metto in fila una serie di considerazioni giuste e di facile acchito - solo per citarne qualcuna: mi aspetto che la settimana della moda parli di sostenibilità e che non sia inquinante, che apra le porte dei brand al pubblico, che sia social ma che coinvolga anche la città - ma forse semplicistiche e poco inserite nel contesto? Oppure devo fermarmi a fornirvi tutte le informazioni su un appuntamento così importante, magari ponendovi qualche domanda, stimolando la conversazione, ma sempre lasciando che siate voi a farvi un’opinione sull’evento generale, decidere se vale la pena dedicarci qualche minuto oppure no?
Arriviamo alla settimana della moda. Facciamo quindi che io vi dico cosa c’è, evidenziando delle cose su cui mi sembra utile soffermarsi, poi voi se volete mi rispondete (potete commentare questa mail, scrivermi in privato, condividere su Instagram, di metodi ce ne sono) e il manifesto lo facciamo insieme, che ne dite? Qui c’è l’elenco delle sfilate con gli orari. Qualche considerazione:
42 sono in presenza (quindi una selezione di addetti stampa, buyer, influencer e celebrities assisterà dal vivo su invito) e 23 digitali
Direi che comunque le 42 in presenza continueranno ad essere disponibili in diretta streaming, sulla piattaforma di Camera Moda e sui canali dei brand. Camera Moda ha anche aperto un profilo TikTok, oltre a quello Instagram dove si parlerà anche di sostenibilità con un’influencer ingaggiata appositamente
Altri eventi da seguire in streaming sono We are made in Italy, sfilata digitale di 5 nuovi talenti BIPOC (Black Indigenous People of Color), frutto della collaborazione tra CNMI e Black Lives Matter in Italian Fashion - Collective, e Milano Moda Graduate, sfilata di 9 eccellenze delle scuole italiane per la prima volta inserita nel calendario tradizionale
A meno che di essermi persa qualche comunicazione, non sono previste live interviste, conversazioni, eccetera e qui ogni riferimento è puramente casuale nei confronti di Prada, ma solo perché quello che ha fatto il brand durante le digital fashion week mi è parso veramente significativo e speravo continuasse (comunque non è detto che non ripetano, prima o poi)
Non ci sono ateliers aperti al pubblico ma qui nessuna sorpresa, l’unica iniziativa di questo genere è Apritimoda (in calendario il 23 e il 24 ottobre)
È aperto al pubblico, invece, il Fashion Hub in via Turati 34 (dentro al Museo della Permanente) con un po’ di cose interessati dedicate ai giovani
Al sesto piano di La Rinascente Duomo trovate le collezioni di Amotea, Des Phemmes, Federico Cina, Froy, Traffico (un giorno a testa)
Il 24 settembre inaugura The Way We Are, mostra celebrativa per i 40 anni di Emporio Armani all’Armani/Silos fino al 6 febbraio
I Green Carpet Awards invece cambiano nome (CNMI Sustainable Fashion Awards) ma sono rimandati al 2022
Perché è importante. Un ultimo tassello a questo puzzle: perché in questa newsletter si parla così tanto di sfilate, e soprattutto di sfilate italiane? Non è solo perché per me sono state uno stimolo a voler accedere a questo mondo. E non si può nemmeno più dire che ci aiutano a scoprire se il lilla andrà ancora di moda oppure no: le tendenze prodotto ormai sono totalmente sconnesse da un evento che continua a presentare capi e accessori che arriveranno in negozio solo mesi dopo (eccezion fatta per l’esperimento Jacquemus, mi pare stia andando alla grande, ve lo ricordate?). Servono, invece, a misurare la temperatura del settore, a captarne i movimenti. Per esempio: vi ricordate che Saint Laurent e Gucci avevano scelto di uscire dal calendario tradizionale per spostare più in avanti le loro presentazioni, avvicinandosi all’arrivo della merce in negozio? Ecco, Saint Laurent è tornato dritto dritto con la sua sfilata al secondo giorno di Paris Fashion Week, mentre Gucci sarà a Milano sabato 25 con un evento speciale (su invito). Possiamo dunque dire che le fashion week nella loro dimensione tradizionale e criticatissima sono già completamente resuscitate? E che continueremo ad amarle e onorarle, come se la pandemia e tutte le riflessioni sulla necessità del cambiamento non fossero mai avvenute? Non lo so, io intanto mi rifugio nell’unica gioia di questo venerdì pomeriggio, fornita direttamente da Donatella (sì, è proprio l’invito alla sfilata e, sì, mi puzza di super ospite) 👇🏻
INFO
Io e Silvia torniamo finalmente in diretta con il nostro appuntamento dedicato alla moda sostenibile 💚 Abbiamo pensato di dedicare una puntata a fare ordine tra i vari temi e a rispondere alle vostre domande, quindi, scatenatevi! Oggi trovate nelle mie e sue stories un box aperto, ma potete anche farle commentando questa newsletter. Noi poi raccogliamo tutto e ci vediamo lunedì alle 18,30 su Instagram. Qui invece l’archivio della nostra rubrica, Sostenibilità Time.
PEZZI BELLI DELLA SETTIMANA
Julianne Moore e Grace Coddington, in conversazione (Document Journal)
Questa non me l’aspettavo: NIGO è il nuovo direttore creativo di Kenzo (Hypebeast) Agevolo ripasso se non conoscete la sua storia (sempre Hypebeast)
Alcuni hanno vissuto grandi momenti di successo, ma i magazine prodotti dai brand piacciono ai lettori? (BoF)
Cosa sia il made in Italy ce lo siamo già chiesti tante volte da queste parti, aggiungiamo una riflessione interessante di Silvia Gambi (Vogue Business)
MODA DA GUARDARE, ASCOLTARE, SFOGLIARE E COMPRARE
Rihanna è anche cover girl di stagione, fotografata da Rafael Pavarotti e con styling di Ibrahim Kamara (Dazed)
Carhartt WIP ha affidato all’artista Lucas Price la realizzazione della nuova campagna pubblicitaria, meravigliosa
Un reportage fotografico dai primi giorni di liceo degli studenti milanesi, di Alessia Galli (NSS Magazine)
Elliot Duprey racconta i favolosi anni di Tom Ford da Gucci 👇🏻
SCUOLA E LAVORO
Se avete letto i libri di Cal Newport amerete questo suo pezzo, altrimenti fate viceversa (New Yorker)
Donne aspiranti podcaster, arriva in Italia il programma Sound Up di Spotify per incubare la vostra idea (e imparare gli strumenti per realizzarla)
BONUS TRACK. Quanto ci sta cambiando l’abitudine a vedere solo felicità sui social, specialmente negli account delle celeb e dei creator? E quanto poi quando questi hanno dei momenti di down ci sembrano sovraesposti, fragili, diversi da quello che avevamo immaginato? Tutto questo si chiama “toxic positivity” ed è ora di uscirne (Dazed).
Siamo arrivati alla fine, ora ci aspetta la settimana più bella dell’anno: proverò a raccontarvela giorno per giorno su Instagram, con quello che riesco a fare dal vivo (qui i giorni passano e la scadenza è vicinissima) e quello che scovo agilmente dal divano 🛋️ Prima però c’è Londra e troveremo il modo di parlare anche di quella, ciao intanto!
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