#64 A proposito di Dolce&Gabbana
Da quando lavoro in questo settore non mi sembra ci sia stato brand che più di Dolce&Gabbana abbia creato una frattura nell’opinione di chi segue la moda.
Un retroscena personale. Tra le mie prime esperienze professionali c’è stata quella nel loro showroom: stagionalmente mi convocavano, indossavo il mio tubino e vendevo borse e scarpe ai grandi rivenditori italiani e stranieri, che poi le proponevano al consumatore finale nei loro negozi. È rimasta la mia unica avventura all’interno di un brand e ricordo che mi stupiva davvero il fatto che tutto il team, dalle vestiariste fino ai manager, provasse un sincero entusiasmo per il prodotto che stava veicolando. Quando c’era la sfilata, poi, passava direttamente al tifo da stadio e i commenti erano sempre “beh, questa volta si sono davvero superati”. Io avevo già lavorato in redazione, luogo in cui, a dispetto di quello che si potrebbe credere, non ci sono particolari tifi, o almeno non sono così palesati: ognuno ha i suoi gusti, ma in fondo siamo lì per raccontare tutta la moda e non solo quella che piace a noi - si tratti di scegliere un look per un servizio fotografico o scrivere il reportage di un evento. Poi, a novembre 2018, ero su un aereo che mi portava da Milano a Parigi per lavoro, ed è spuntato il post di Diet Prada, quello che ha dato via a tutto il casino sull’evento in Cina; da lì scrivere di Dolce&Gabbana è diventata una cosa diversa. Ma prima riavvolgiamo un po’ il nastro.
Da sapere. Dolce&Gabbana è oggi uno dei pochi brand italiani a essere rimasto totalmente indipendente insieme a Giorgio Armani, Prada, Zegna. Significa che la proprietà è quella originaria: Domenico Dolce e Stefano Gabbana possiedono rispettivamente il 40% delle quote, mentre il restante è diviso al 20% tra i due fratelli di Domenico, Dora e Alfonso. E che, quindi, non ci sono partecipazioni da parte di grandi gruppi (si è vociferato di una possibile vendita negli ultimi mesi, ma i due hanno smentito). Lo scorso febbraio Alfonso, che è amministratore delegato della società, ha dichiarato un fatturato previsto per il 2020 di 1,3 miliardi, confermando il terzo posto tra i grandi italiani (Armani ha fatturato 3,3, Prada 2,42).
Il patatrac a Shanghai. Se vi siete persi o avete dimenticato la storia dell’evento in Cina, Il Post lo aveva raccontato molto bene. Tre anni dopo ci sono stati altri scandali e shut out nella moda (le accuse ai fotografi Bruce Weber e Mario Testino, quelle al designer Alexander Wang), ma pochi hanno lasciato il segno come questo. Ne ha parlato lo stesso Alfonso Dolce in un’intervista: se nel 2018 il mercato cinese valeva 260 milioni per il brand, i mesi successivi hanno portato a un calo di 120, oggi recuperati per metà.
The day after. Non era la prima volta che DG faceva un gran rumore - c’erano stati i commenti sulla fecondazione in vitro, la lite con Miley Cyrus, la protesta contro il Comune di Milano, la scelta di vestire Melania Trump - ma pareva davvero che il guaio del 2018 fosse troppo grosso da superare, anche e soprattutto per la risonanza che aveva avuto sui social. Eppure a un certo punto, circa sei mesi dopo (i tempo della moda…!), le cose sono cambiate. Da una parte la storia è diventata un fatto condiviso, una specie di meme continuo e sarcastico sul settore; dall’altra, pian pianino, le celebrities hanno ricominciato a indossare gli abiti del marchio, le ricerche online sono tornate ai soliti livelli e i negozi hanno ripreso a fare ordini - anche quelli cinesi, prima solo per i top client, poi di nuovo con le collezioni in esposizione. Stefano Gabbana ha cancellato il suo profilo personale, mentre la comunicazione del brand si è basata ancora di più sul temi del saper fare e dell’artigianato. Per finire l’azienda ha anche fatto causa a Diet Prada, chiedendo risarcimenti per circa 500 milioni di euro (il procedimento è ancora in atto).
Ripartire da Venezia. Tutto questo ci porta all’evento dello scorso weekend, tre giorni in cui sono state presentate le collezioni di alta gioielleria, alta moda e alta sartoria anticipando il festival e dando il via ufficiale a quello che per la moda DEVE essere il mese della ripresa, dei new beginnings, eccetera. È un evento che DG fa da tempo, sempre in una destinazione diversa e che serve soprattutto a far vivere il “sogno italiano” ai tanti clienti stranieri e altospendenti che sono ovviamente invitati. Questa volta le cose erano davvero in grande: JLo si è presentata sobria come solo lei sa essere, Helen Mirren ha ballato con Vin Diesel. Tutti felici di rivedersi dopo un anno e mezzo di red carpet via Zoom e di postare come se non ci fosse un domani, anche in barba a una leggera grandinata.
Dunque, tutto risolto, dimenticato, superato? È questa la parte più interessante della discussione, mi sembra. Nei due giorni seguenti, infatti, mi sono resa conto di quanto fossero contrastanti i commenti sull’evento. Quelli sotto ai post dell’account del brand sono tutti entusiasti e non è così scontato, dato che oggi la prima forma di attivismo e protesta è quella social. I giornalisti della stampa tradizionale hanno celebrato quei tre giorni che li hanno riportati al loro tran tran - ma vi linko un pezzo americano, così non diciamo più che sono solo gli italiani a fare così. Nemmeno due dei nuovi nomi più rilevanti si sono espressi: Rachel Tashjan ha solo ritwittato un suo pezzo del 2018 su Garage Magazine (oggi è fashion critic per GQ) dal titolo eloquente “Can We Ever Really #Cancel Dolce&Gabbana?”, mentre Pierre Alexandre M’Pelé ha scritto che non aveva il tempo né le competenze per parlarne approfonditamente. È emblematico di quanto complesso sia la conversazione su cosa debba essere un brand - un’azienda che rappresenta degli ideali o che produce cose che ci piacciono? E se la prima non si esaudisce esclude l’altra? Si collega indirettamente ad altri casi, quello di Tiffany&Co. su tutti, di cui ho scritto questa settimana su Rivista Studio e discusso con voi su Instagram.
PEZZI BELLI DELLA SETTIMANA
Ancora su Tiffany, Vanessa Friedman ha tirato fuori la storia sul colore del dipinto che fa da scenografia nella campagna con Beyoncé e Jay Z (NYT), mentre Susanne Ramírez de Arellano ha spiegato i retroscena del diamante giallo (NBC News)
Perché la moda produce oggetti sempre più strani? (Scmp)
Già i prezzi sono un argomento complesso sul mercato tradizionale, figuriamoci in quello del second hand (Vox)
È uscito un numero cartaceo di The Cut che sto provando a recuperare perché sembra davvero bello, intanto lo spiegone di questo progetto editoriale fighissimo (BoF)
MODA DA GUARDARE, ASCOLTARE, SFOGLIARE E COMPRARE
Un account Instagram bellissimo, HommeGirls®️
Ladies and gentlemen, Camille Miceli, nuova direttrice creativa di Emilio Pucci
Avavav Firenze è un progetto fighissimo sotto molti punti di vista, a partire dall’immagine e dall’approccio sostenibile (i capi sono realizzati con tessuti deadstock)
Wonder Boy è un documentario che racconta un pezzo della storia di Olivier Rousteing, direttore creativo di Balmain (Netflix)
Elena Mariani è tornata per spiegarci il look da Geek Girl nelle serie tv 👇🏻
SCUOLA E LAVORO
Se pensavate di odiare il tempo del tragitto casa-lavoro e ritorno e ora vi manca sappiate che c’è una spiegazione (The Atlantic via Internazionale)
Bally cerca un content editor, Zara cerca un responsabile digital marketing, il Washington Post ha aperto le candidature per i suoi stage
BONUS TRACK. Non un pezzo da leggere ma un gioco, gentilmente prestato da Iolo Edwards che gestisce uno dei miei spazi digitali preferiti, il gruppo High Fashion Talk. Sta nell’inserire i vostri 9 designer preferiti nelle caselle: potete scegliere chi volete, naturalmente, ma concentratevi su quelli che vi piacciono da tempo, che definiscono i vostri gusti e la vostra estetica piuttosto che gli innamoramenti momentanei. Salvate l’immagine qui sotto e completatelo con i testi nelle stories di Instagram. Se vi va di condividerlo taggateci. Comincio io, ci vediamo nelle stories!
Siamo arrivati alla fine, ma vi ricordo che il calendario di settembre è piuttosto fitto: mercoledì 8 vi aspetta la seconda newsletter speciale, Parliamone, dedicata al tema della gravidanza e poi inizia il nostro amato fashion month (si parte da NY, come sempre). Intanto buon weekend, allacciate le cinture 🛫
Io, su Instagram | Le newsletter precedenti | Copyright © 2020 La moda, il sabato mattina | Graphics @Studio pesca