#54 Perché Etsy ha comprato Depop
Chi è iscritto da più tempo a questa newsletter ormai sarà abituato a certi argomenti ricorrenti: fanno dei giri immensi e poi ritornano (cit.), un po’ perché sono quelli che mi appassionano di più, un po’ perché davvero c’è bisogno di aggiornarsi. Ok, magari del chi-dove-e-perché-sfila potremmo anche vivere senza, ma è come il gossip, irresistibile. Invece del mercato second hand e vintage continuiamo a parlare perché corre da matti. Vorrei tanto dirvi che io come l’irresistibile @Jadezzzzz amo passare i miei martedì mattina al mercato di Papiniano, ma non è così. Eppure anche per una pigra come me, che si chiede come si faccia a comprare con foto di cui non capisco neanche il verso tipo Vinted, le opzioni stanno diventando veramente tante. Ed ecco quindi che oggi facciamo un bel punto su piattaforme, acquisizioni, strategie, eccetera.
Riassunto delle puntate precedenti. Già lo scorso autunno i dati dicevano che il mercato dell’usato stava esplodendo, con una previsione di crescita del 15-20% entro il 2025 (ora aggiungiamo una ricerca di GlobalData secondo la quale quest’anno è cresciuto 25 volte di più rispetto al mercato primario). Si scorgevano i primi segnali da parte dei grandi nomi del lusso: Gucci aveva avviato una partnership con TheRealReal e Alexander McQueen con Vestiaire. E su Instagram profili personali (i più belli li avevo messi in una guida, qui) e di boutique si conquistavano maggiore spazio. Mi vorrei dilungare già su questo punto, quello delle piccole realtà che quest’anno hanno visto un crescente interesse nei loro confronti da parte del pubblico, ma a cui ora si richiedono competenze in marketing e social media managing per affrontare la forte concorrenza online. Non posso ma ci torno, intanto ho creato una mappa pubblica qui, se avete indirizzi speciali mandatemeli così li aggiungo. Di tutti questi primi segnali avevo parlato anche in diretta con Silvia, poi era toccato a qualche riflessione sul mercato delle sneakers, che è un mondo a parte, e a progetti satellite come quello di Mary Kate e Ashley Olsen, anche loro stanno in un mondo a parte.
Ora, come se fossero passati cinque anni e non cinque mesi (l’avete letto il pezzo di Baricco su Il Post?), riassumiamo quello che è successo nel frattempo, a partire dalla notizia della settimana, Etsy che ha comprato Depop.
Etsy è stato definito molte volte l’Amazon dell’artigianato, un marketplace in cui chiunque può vendere i suoi prodotti, solitamente handmade (meno spesso vintage). Detta così potrebbe sembrare poca roba, ma a guardare i numeri dei top 20 sellers si cambia idea in fretta. È come andare al mercato, ma molto, molto più grande. Non credo di essere la loro acquirente ideale, però i miei 15 ordini in 8 anni di iscrizione li ho fatti e devo dire che mi sono sempre trovata bene. Non certo grazie a me, l’anno scorso ha guadagnato 10,3 miliardi di dollari dalle vendite (trattiene una piccola percentuale da ognuna di esse), eppure solo meno di un decimo consisteva in abbigliamento e accessori. Depop, dall’altra parte, è l’app regina degli acquisti di seconda mano, soprattutto per Millennials e Gen Z (il 54% degli iscritti ha tra i 14 e i 24 anni!). Ha un percepito molto positivo tra i giovanissimi, tanto che Olivia Rodrigo si è messa a vendere lì il suo merchandise.
(Non vi preoccupate, neanche io sapevo chi fosse Olivia Rodrigo, classe 2003)
Etsy e Depop hanno in comune la totale assenza di inventario. Non fanno magazzino (al contrario per esempio di TheRealReal o Vestiare Collective nel second hand) e questo significa che hanno meno potere sui prodotti in commercio sulla loro piattaforma ma costi infinitamente più bassi rispetto ai competitor. Nel settore del commercio primario della moda del lusso la stessa differenza sta creando un divario tra Farfetch e gli altri e-commerce. Ora Etsy potrà usare i suoi enormi mezzi (la sua capitalizzazione di mercato vale più di quelle di Poshmark, Thredup e The RealReal messe insieme) per mettere il boost a Depop e sarà interessante vedere come questo avrà effetto sul mercato.
Nel frattempo, infatti, sono tante le piattaforme che si stanno facendo i muscoli. A maggio l’app competitor di Depop, Vinted ha raccolto 250 milioni di investimenti per espandersi a livello internazionale e migliorare l’esperienza dell’utente. Se siete finiti su YouTube nelle ultime settimane avrete capito che ci stanno andando giù pesante anche con il budget in pubblicità. A marzo il gruppo del lusso Kering, invece, è entrato con una quota di minoranza (del 5%) in Vestiaire Collective, investendo 216 milioni. Qui siamo su un altro segmento, quello della moda firmata, anche se non è detto che su Depop o su Vinted non si trovi un affare per una Jackie di Gucci, semplicemente Vestiaire si focalizza su quello, tanto che si possono vendere solo i marchi autorizzati. Kering sa bene che il lusso si deve muovere se vuole prendersi una carrozza di questo treno. Ogni giorno si fanno transazioni di prodotti immessi sul mercato da un certo brand che però non ha più alcun controllo su quel prodotto, né alcun guadagno. Quindi, che fare? Associarsi a una piattaforma, salire su quella carrozza e offrire i propri optional, per esempio quello dell’autenticazione (più il mercato cresce, più cresce il numero dei falsi).
Servizi, altra parola chiave di questo tema. Non tutti potranno o vorranno vincere sulla quantità, e per fortuna. Ma questo non significa che non ci possano essere altre realtà o iniziative vincenti. Ho trovato per caso facendo la ricerca per oggi Hardly Ever Worn It: è nato nel 2012, cresciuto lentamente e organicamente grazie a una grande cura della selezione, e ora si prepara a una bella raccolta di investimenti. Dunque, avete capito che le possibilità sono tante, sia per chi vuole fare business, sia per chi vuole comprare. Figuratevi che c’è spazio anche per rivendere scatole e sacchetti.
Comunicazione di servizio: giovedì 10 io e Silvia torniamo in gran spolvero con una nuova diretta Sostenibilità Time. Tema, la moda sostenibile è inclusiva? Di taglie, di prezzi e di accesso alle informazioni. Ci vediamo su Instagram 📍
PEZZI BELLI DELLA SETTIMANA
Una delle tante accelerazioni dovute alla pandemia: gli studenti cinesi stanno cominciando a prediligere le scuole di moda cinesi, racconta Casey Hall su BoF
Mi ero persa la traduzione di Internazionale del pezzo di OpenDemocracy sul peggioramento delle condizioni salariali della forza lavoro della moda, da leggere
Chidoze Obiasi ha intervistato per Harper’s Bazaar Italia Fabio Merche e Elisa Silvestri, founder della piattaforma VHF, che prova a portare la tecnologia nell’editoria
Danny Parisi su Glossy racconta uno dei pochi esperimenti virali su TikTok della moda, del marchio americano Kate Spade
MODA DA SFOGLIARE, VEDERE, ASCOLTARE
Come sempre mi ha fatto molto ridere Elena Mariani in una serie di stories in cui si chiedeva perché mai dovrebbe fregarcene di sapere le misure impossibili di una modella su un sito ecommerce. Ci sono pochi, pochissimi brand capaci di costruire un’immagine davvero inclusiva, senza dimenticarsi che tra la 38 e la 50 esiste un mondo. Lo fa H&M con la campagna della collezione swimwear 👇🏻
Ad agosto arriva il primo numero di Vogue Scandinavia, diretto da Martina Bonnier. L’edizione avrà un focus specifico sulla sostenibilità e sarà acquistabile solo tramite preordine sul sito, per ridurre l’impatto ambientale
Non vorrei fare la boomer ma ho trovato un nuovo gruppo FB fighissimo, la moda di un tempo
Una sfilza di immagini pazzesche dalle sfilate di Haute Couture più importanti del 20esimo secolo 👇🏻
SCUOLA E LAVORO
Spesso mi chiedete quali saranno le figure più ricercate dalle aziende di moda nei prossimi anni e so che qui in Italia può sembrare fantascienza, ma molti brand stanno arruolando chief diversity officer
Per studenti residenti nel Regno Unito: sono aperte le candidature per la seconda edizione di The Modern Artisan, dalla collaborazione di The Prince Foundation e YNAP
Un metodo step by step per organizzare la settimana di lavoro. Ok, potrebbe sembrare un po’ esagerato come metodo, ma in realtà è molto simile al mio e vi assicuro che in time management non mi batte nessuno 🦦
NGG cerca un visual merchandiser wholesale, MyTheresa uno junior controller photo, Vogue Business un sub-editor a Londra, Gucci un product marketing coordinator
MODA DA GUARDARE
Sì che l’ho vista Rihanna sulla cover di Vogue Italia, The Do It Yourself Issue. Il numero è tutto dedicato a “un’idea un po’ punk del DIY, che ci ha tenuto compagnia in questo mesi”, scrive il direttore Emanuele Farneti nel suo editoriale.
Quindi, cosa ne possiamo evincere:
1. La scelta di RiRi per il tema funziona, perché è forse l’unica capace di farsi uno styling (ok, con l’aiuto di Jahleel Weaver)
2. A questo proposito, poco fa Luke Meagher aveva scritto brevemente dell’evoluzione del suo stile e del lavoro di scouting di pezzi vintage pazzeschi che sta facendo insieme alla stylist Nini Nguyen
3. La prima collezione di Blumarine by Nicola Brognano non ha avuto una grande eco da parte della critica, eppure sta girando parecchio. E a giudicare dall’effetto che ha avuto l’endorsment di Rihanna sulle vendite di brand come Medea e Amina Muaddi io direi che la mossa è giusta
By the way, anche Kim potrebbe aver aiutato.
Ciao, buon sabato da me e da Diddy, che ha fatto il post migliore della settimana.