#138 Making it in fashion, ancora Barbie e il viaggio
Ciao a tutti e ciao doppio ai nuovi arrivati, buon primo sabato mattina insieme ☕ Mi introduco nel vostro weekend lungo sperando che sia già di relax al mare o dove volete voi. Io sono invece ancora immersa nel Grand Tour che occupa gli addetti ai lavori della moda nei mesi di maggio e giugno, almeno fino a Pitti e alla settimana della moda maschile. Sono state settimane da gran viaggiatrice e questa resta senz’altro l’aspetto che preferisco del mio lavoro, perché viaggiare significa incontrare persone e storie. Stare dietro a un computer ha un sacco di vantaggi, ma senza un equilibrio tra queste due cose il mio lavoro resterebbe sempre un po’ a metà. Ho messo un po’ dei miei giri qui, click per curiosare 👇🏻
C’è una storia del New York Times che è girata molto a causa del suo titolo efficace: Should making it in fashion be this hard? Si tratta di un lungo racconto delle vicende di Elena Velez, designer di Milwaukee nel 1994 citata spesso nelle scorse stagioni come una delle promesse della nuova scena americana. Velez ha raccontato nel dettaglio la situazione economica sua e della sua azienda, non propriamente rosea. Succede sempre più spesso che i brand giovane e indipendenti suonino un campanello d’allarme nei confronti dei costi di mantenimento delle loro aziende, chiaramente insostenibili.
Allo stesso tempo viene da chiedersi a chi guardino con i loro prodotti: è la stessa designer, nell’intervista, a dire di sopravvivere grazie a qualche saltuaria grande vendita (7000 $ dollari dalla stylist di Beyoncé, per esempio). Perché chi altro se non una stylist, cioè qualcuno che lo fa di professione, compra normalmente un abito da 1400 $, un prezzo nella media della sua ultima collezione? Il tema, in questo caso è doppio: aumentano i costi di mantenimento, ma non aumenta il potere di spesa dei potenziali consumatori - e quindi che si fa?
Potreste non aver mai guardato Selling Sunset, reality Netflix che racconta le vicende professionali (più o meno) delle agenti immobiliari del O Group, ma avrete probabilmente sentito parlare della più malefica e modaiola tra loro, Christine Quinn. Poi lei è diventata davvero modaiola, nel senso che ha anche sfilato per Balenciaga, ed è uscita malamente dal reality. Nel frattempo, però, anche le altre si sono attrezzate con look altrettanto trash: si vedono qui e sono comunque quasi tutti noleggiati (non prestati dall’ufficio stampa, perché si sa che la moda e la tv non vanno tanto d’accordo). Favorisco trailer per darvi un’idea di cosa vi state perdendo:
E c’è il video di Dance The Night, la canzone di Dua Lipa che farà da colonna sonora del film Barbie, insieme a molte altre. La cosa interessante per noi è che Versace sta a Dua quanto Chanel sta a Margot, entrambe testimonial (Dua ha anche appena co-disegnato una collezione insieme a Donatella) ed entrambe brandizzatissime in questo momento di intenso marketing preparatorio. Prepariamoci dunque a una intensa stagione di red carpet in rosa e vediamo quale altro brand la spunterà. Poi però lo salutiamo il Barbiecore, giusto?
Straconsiglio sempre i video di ModernGurlz, pienissimi di reference. Qui un bel recappone sulle origini della tendenza stealth wealth (sempre mondo quiet luxury)👇🏻
Lorenzo Salamone si è posto una domanda interessante: qual è il brand che sta organizzando più sfilate? La risposta è Dior, esatto.
È uscito il numero di giugno di Vogue Italia. Il tema è il viaggio, condiviso con le altre testate europee del circuito (Francia, Spagna, Germania). Una sola storia, diverse copertine. Le avete viste? Quale preferite? Io amo molto Anok Yai, cover girl della nostra edizione. Sapete che è stata la seconda modella nera ad aprire una sfilata di Prada dopo Naomi Campbell (autunno inverno 2018 2019, mentre Naomi primavera estate 1995)? E poi Paloma, of course.
Come sempre, tra il numero in edicola e le varie piattaforme digitali, trovate una marea di contenuti a tema:
Io un servizio di Steven Meisel del 2011, e cosa c’entra con Colapesce Dimartino
E sì, Edward Enninful cambia ruolo (e la sua autobiografia ora è disponibile anche in italiano).
Un po’ come mi sento in ufficio tutti i giorni 👇🏻