Ricevi questa newsletter perché sei iscritto a La moda, il sabato mattina di Federica Salto. Pitch Perfect è uno spin-off che ospita la nuove firme del giornalismo di moda e oggi è stato scritto da Stefano Rosso che si racconta così, “sono uno a cui piace fare tante cose. Una di queste è scrivere, un’altra è raccontare storie. Ancora meglio quando coincidono”.
Ecco perché indosso la maglietta con il colibrì
Questa è la storia di una maglietta. La mia preferita. E del perché la indosso. È tutta bianca e ha un colibrì ricamato sopra. Viene dall’Ecuador e l’ha fatta a mano Marta, un’artigiana della comunità degli indigeni nativi alle pendici del vulcano Imbabura. L’ho scoperto quando mi è arrivata a casa. Oltre alla carta velina floreale che l’avvolgeva, c’era un bigliettino con una foto di una signora sorridente. Marta, appunto, che raccontava di averla tessuta e ricamata a mano seguendo le tecniche tradizionali della sua famiglia, che si augurava mi sarebbe piaciuta e mi ringraziava per aver scelto proprio una maglietta fatta da lei.
È il progetto slow-fashion di Almawa, un brand ecuadoriano autoctono che prova a coinvolgere e valorizzare il lavoro artigiano delle comunità indigene locali (per quanto si possa parlare di “brand” su una produzione di poche centinaia di pezzi all’anno). È nato da un’idea di Andrea, la designer del progetto. Tra le ragazze della comunità è una delle più fortunate: si è potuta spostare “en la ciudad” per studiare (a Quito, la capitale) e ha scoperto che il mondo è molto più dei 114 km che l’avevano separata per tutta la vita dalla città. Lì ha conosciuto Sofia, che per l’università si è trasferita in Europa. E qui l’ho scoperta io.
Una sera a una festa mi ero incantato su un fiore ricamato sulla spalla della sua maglietta . Non avevo capito se fosse arancio pastello. O rosa pesca. “Ti piace? È un narciso. Sono fiori che abbiamo tutto l’anno nella nostra regione. L’hanno fatto a mano Lolita e Margarita, due sorelle della comunità di La Magdalena” così aveva attaccato bottone Sofia, che ho poi scoperto essere contemporaneamente social media, account e sales manager di Almawa (per quanto possano aver senso tutti questi titoli in una produzione di scala così ridotta). Mi ha raccontato che i loro ricami si ispirano agli elementi naturali dell’Ecuador, che sono disegnati e cuciti a mano seguendo le tecniche tradizionali e che promuovono il consumo consapevole, riportando l’intera ricostruzione della filiera su ogni capo che producono, permettendo a chi lo acquista di conoscere addirittura il volto e la storia dell’artigiana che l’ha prodotto. E che le garantiscono un compenso equo per il lavoro svolto. “Purtroppo questa maglietta non riusciamo più a produrla: il ricamo è molto elaborato, ci vuole troppo tempo di lavorazione e dovremmo venderla a 80 €. Ma è un prezzo troppo alto per una t-shirt”. Effettivamente non era solo un narciso isolato, ma un bouquet intrecciato che si allungava su tutta la spalla e proseguiva sull’altro lato.
Bello. Davvero. Ma chi spenderebbe 80 € per una maglietta? Quei narcisi mi hanno acceso una lampadina. Nell’era del fast-fashion è diventato automatico associare una cifra standard, più o meno alta (o bassa, a seconda dei punti vista), da tenere come riferimento di spesa. Ed effettivamente 80 sono ben lontani dai 15 € random che ho scoperto essere il mio limite. La rete Clean Clothes Network ha ricostruito la filiera economica di una maglietta qualunque: al lavoratore che l’ha fisicamente realizzata spetta lo 0,6% del prezzo finale . Che nel caso dei miei 15 sono 0,09. 9 centesimi. E nel caso degli 80 € dei narcisi, con le stesse logiche economiche, sarebbero 48. Sempre centesimi.
Qui entra in gioco Almawa. Le famiglie indigene di queste comunità, nella maggioranza dei casi, vivono di poco al di sopra della soglia di povertà e per poter sopravvivere spesso finiscono col dover abbandonare le attività tradizionali per lavorare negli stabilimenti di grandi multinazionali. Con stipendi e condizioni di lavoro non accettabili. E Almawa si propone di essere un’alternativa economica dignitosa. O almeno ci prova. E l’ho scoperto quasi per caso. Un’altra sera mi trovavo con Sofia. Mi stava raccontando come si stesse faticosamente districando tra la burocrazia europea per riuscire a regolarizzare l’arrivo dei prodotti (tra i vari titoli manager che annovera, c’è anche quello di import: la sua valigia, quando torna a trovare la famiglia una volta all’anno, è il principale canale di approvvigionamento di Almawa in Europa). Suona il telefono. È una delle artigiane. Di nascosto dal resto della famiglia stava facendo una chiamata internazionale per chiederle quante sue magliette fosse riuscita a vendere nell’ultimo periodo.
Per fortuna oggi la situazione è migliorata. Anzi è cresciuta. Si è evoluta. Almawa è diventato un brand regolare in Europa e ha potuto lanciare nuove iniziative. Come la linea di magliette Esperanza e Frida. Frida, come Kahlo. Ed Esperanza come il pueblo, la cittadina in cui si trova la comunità. Ma anche come la speranza. Che tutto possa andare avanti così. Che continui a funzionare. Insieme alla Red de Mujeres Imbabura hanno creato un workshop sull’igiene mestruale rivolto alle artigiane e alle loro figlie. E l’hanno legato alle magliette. Cucito. Ricamato. Per cui per ogni Esperanza o Frida venduta, donano una coppetta mestruale alle donne delle comunità indigene. Per aiutarle a non trascurare la cura e l’igiene del proprio corpo. E a non provarne vergogna.
Ecco perché indosso la maglietta col colibrì. Perché è la mia preferita. Perché l’ho aspettata per 5 mesi, da quando ho deciso di comprarla a quando ho potuto indossarla. Perché la tessitura a mano ha voluto il suo tempo, ma soprattutto ha dovuto aspettare che un generoso viaggiatore cedesse un po’ di spazio nella sua valigia per la traversata oceanica. E perché nel mio piccolo ho permesso a Marta di fare il lavoro che le piace. Col suo sorriso.
brave brave brave
Che bella storia, raccontata senza troppi fronzoli, fa capire almeno un pochino cosa c'è dietro quello che acquistiamo ed il perchè - a volte - dei prezzi della merce!