1, 100, 1000 cappotti di Max Mara
Ognuno ha i propri pallini in fatto di shopping e senz’altro i cappotti per me stanno in cima alla lista degli oggetti più desiderabili (ok, anche gli orecchini, i vestiti midi, gli stivali…).
A voi cosa viene in mente quando pensate ai cappotti? Provo a indovinare, Max Mara. Partiamo proprio da questa associazione mentale che poi è la grande peculiarità dell’azienda, cioè l’aver fatto suo non uno specifico capo o accessorio, ma addirittura un’intera categoria merceologica. È qualcosa che succede molto raramente e che si intreccia con alcune scelte di business antiche e caratteristiche della Max Mara Fashion Group che, oltre a Max Mara, produce anche Sportmax (dal 1969), Marella (dal 1971), iBlues (dal 1975), Pennyblack (dal 1978), Marina Rinaldi, Weekend Max Mara, Max&Co. e Persona, oltre a gestire un sistema di rivendita per gestire le rimanenze di magazzino, Diffusione Tessile.
Partiamo dai cappotti di Max Mara e poi proviamo a spiegare le ragioni del loro successo. I modelli più famosi sono tre, soprannominati Icon Coats:
101801, nato nel 1981 dalla collaborazione con la stilista Anne-Marie Beretta. È realizzato in lana (90%) e cashmere (10%). La linea è over ma fluida, le maniche leggermente svasate e le cuciture della chiusura doppiopetto “a puntino”, a vista come quelle dei cappotti maschili. È disponibile in sei varianti colore: cammello (la versione più famosa), tortora, nero, blu marino, cuoio e bianco. Alcune stagioni è stato presentato anche in rosso e in grigio. Per vederlo in più versioni, #maxmara101801. Costa 2000 euro
Teddy Bear, molto più recente, ha sfilato per la prima volta nel 2013. È realizzato in lana di cammello (88%) e seta (12%) e ha una vestibilità over e molto più voluminosa rispetto al primo. Quest’anno è disponibile in 8 colori: cammello, cuoio, bianco, beige, nero, rosso, grigio medio e tortora. Alcune stagioni è stato presentato anche in blu elettrico, rosa o animalier. Per vederlo in più versioni, #maxmarateddybear. Costa 1880 euro
Manuela, nasce nel 1998, forse il meno famoso tra i tre (ma il più bello?). È realizzato in lana di cammello (100%) e caratterizzato dalla chiusura “a vestaglia”, senza bottoni e con cintura coordinata. Quest’anno è disponibile in 4 varianti colore: cammello, nero, blu marino e rosso. Alcune stagioni è stato presentato anche in azzurro, rosa cipria o grigio. Per vederlo in più versioni, #maxmaramanuela. Costa 1600 euro
Dicevamo, come si rende così iconico un prodotto, anzi tre?
Tanto sta nella storia stessa del brand e nel contesto industriale in cui Max Mara Fashion Group è stato fondato, nel 1951. Il fondatore Achille Maramotti, infatti, proviene da una famiglia che con la moda aveva già avuto a che fare: la bisnonna, Marina Rinaldi, possiede una sartoria famosa a Reggio Emilia, mentre la mamma, Giulia, dirige una scuola di taglio. Maramotti cresce quindi circondato da quel saper-fare italiano che oggi è onnipresente in ogni campagna di comunicazione di ogni brand e, tornato da alcuni viaggi negli Stati Uniti, ha l’intuizione di applicare la produzione seriale a quel tipo di prodotto, con taglie standardizzate e un’efficienza molto superiore ai competitor del tempo. In poche parole unisce creatività e imprenditorialità.
A tutto questo aggiunge un’altra intuizione che mette Max Mara e le altre linee in un posizionamento sul mercato tutto suo, quella di non puntare sui grandi nomi in termini di stilisti. O meglio, di avvalersi dei grandi nomi e talenti del panorama italiano e straniero, senza però rendere pubbliche le collaborazioni. Da sempre ogni brand del gruppo ha un ufficio stile interno che lavora con designer esterni per richieste specifiche (sapete che praticamente tutti i nostri nuovi nomi hanno attive delle collaborazioni con l’azienda?). Questo ha fatto sì che il consumatore non fosse mai “distratto” dall’andare e venire dello stilista di turno e che una determinata collezione non fosse giudicata in base alla storia di chi l’aveva prodotta ma piuttosto per il suo contenuto. Quindi, appunto, il prodotto.
Bene, anche oggi ci siamo fatti venire l’acquolina in bocca - questo nuovo approccio alla newsletter del mercoledì è deleterio per il mio portafogli 😂 - e per non farci mancare niente vi consiglio una gita a Cernusco sul Naviglio, dove si trova uno store molto grande di Diffusione Tessile. E naturalmente, il second hand. Una ricerchina veloce (ricordate il flag sulle spedizioni dall’Europa!), Vestiaire regala sempre gioie: una, due e tre.
INFO DI SERVIZIO. So che l’ho già detto ma oggi può essere utile specificare che questa newsletter è adv-free, non percepisco nessun guadagno dai brand e il vostro abbonamento mi rende libera di parlare di un prodotto piuttosto che un altro.
La nostra guest editor di oggi è Silvia Masciale, stylist e macchina da guerra del prodotto per iO Donna. Il suo armadio è una gioia per i modaioli più incalliti e questi sono i suoi must assoluti: la borsa Cassette di Bottega Veneta. Ricordate? È una delle it-bags di cui abbiamo parlato nell’ultima newsletter e secondo Silvia diventerà un’icona del brand. La sua versione preferita è quella in Spearmint. Poi un paio di orecchini, grandi e oro, quelli che mette più spesso arrivano da una gioielleria storica di Bari (Trizio) e una maglia marinière che più classica non si può, come quelle di Petit Bateau. E per le scarpe, come sopravvivere alle giornate di redazione se si odiano le sneakers? Tacco 5/6 cm, meglio se slingback, meglio ancora se le classiche di Chanel o Dior
Un pezzo per veri nerd su un tema che ci riguarda da vicino, come i social stanno cambiando lo shopping (Vox)
A casa siamo in un nuovo momento Carhartt, brand che ci piace da sempre e che ha risvegliato il nostro amore con la collaborazione benefica insieme a Giannasi. E quindi è partito l’acquisto di questo, che ci combatteremo per tutta la stagione
Fatto per oggi, continueremo a parlare di vestiti anche sabato, con il fashion month primavera estate 2022 concluso e la vita bassa pronta a tornare nei nostri armadi ⭐
Io, su Instagram | Le newsletter precedenti | Copyright © 2020 La moda, il sabato mattina | Graphics @Studio pesca