Pochi giorni fa sono stata bombardata da una campagna di comunicazione di quelle a cui non so resistere - ormai conoscete bene il mio interesse per i meccanismi di posizionamento e comunicazione dei brand di moda. Dunque, il brand in questione è BOSS e la cosa è piuttosto articolata, quindi mettetevi comodi.
Saprete già tutti che una parte della storia del marchio è tristemente legata al nazismo: fino a un certo punto questo legame fu negato, poi ammesso circa dieci anni fa (potete recuperare qui). Negli ultimi decenni, invece, è diventato sinonimo di un certo stile europeo - abiti formali, eleganti ma low-profile e con prezzi tutto sommato abbastanza accessibili - e l’Europa è stato il suo principale bacino d’acquisto, intorno al 60%. Poi, pochi mesi fa, nuovo CEO (Daniel Grieder, ex Tommy Hilfiger) e nuovo posizionamento, appunto. Dividerò questa strategia in tre punti principali, quelli che ho individuato io.
1. La sfilata per la collezione primavera estate 2022 in collab con Russell Athletic. È andata in scena allo stadio JF Kennedy di Milano, io purtroppo non l’ho vista dal vivo (avevo una super pancia!) ma ricordo bene che chi ci era andato era tornato con ottimi feedback. Russell Athletic è un antico brand americano che produceva divise per diversi sport - baseball, basket, football, eccetera - poi convertitosi anche al mercato del casualwear. Bene, fin qui è molto facile: BOSS è sempre stato legato a un immaginario da colletti bianchi e attraverso la collaborazione con Russell Athletic vuole riposizonarsi e provare a vendere felpe, piumini e via così. E, possibilmente, far parlare di sé negli Stati Uniti, mercato di difficile accesso per gli europei. Per la cronaca, Launchmetrics riporta che il brand ha ottenuto la stessa visibilità sui social media e sulla stampa in una settimana rispetto a quella che riceve solitamente in due mesi.
2. La campagna pubblicitaria “BEYOUROWNBOSS con una marea di ambassador. Il tennista italianoMatteo Berrettini, il rapper americano Future, il TikToker italiano Khaby Lame, il campione di pesi massimi britannico Anthony Joshua, l’atleta tedesca Alica Schmidt e l’attore sucoreano Lee Min-Ho. Praticamente un all-in, giusto? no, perché ci aggiungiamo anche Hailey Bibier, Kendall Jenner, Joan Smalls, così da mettere la mano anche su un aspetto più modaiolo e, soprattutto, femminile, per un brand che viene percepito come maschile. Ovviamente vi metto Berrettini, di cui BOSS ora è anche sponsor, ma anche il video con tutti i testimonial. Ai testimonial si aggiunge un’intensissima attività di seeding (quindi di invio di capi e accessori in cambio di contenuti social) che potete recuperare direttamente sul profilo del brand.
3. La creazione di una seconda linea, HUGO. Si tratta di un’operazione in netta distinzione dalla tendenza generale dei grandi brand del lusso che negli ultimi anni stanno cancellando le loro secondo linee (RED Valentino, M Missoni). Ma il CEO ha difeso la scelta, parlando di un approccio più segmentato che vada incontro ai desiderata diversi in base alle generazioni: BOSS guarda ai Millennials, HUGO alla Gen Z. Anche qui ci sono grandi testimonial: la modella Adut Akech, la ballerina Maddie Ziegler e il rapper sudcoreano Big Matthew.
È tanta carne al fuoco, lo so. La sfida più grande sarà quella di dare una distinzione forte ai due brand, ma io non credo sia così sbagliato. Più che per generazioni (ci siamo accorti di quante cose ci vengono sottoposte come affini alla nostra generazione? Vogliamo dire che è una bella strategia di marketing e forse poco altro? Qui un’interessante riflessione sul tema) io parlerei per piattaforme. Possiamo dire che BOSS è più Instagram e HUGO è più TikTok? Forse. Però allora manca un pezzettino a questa strategia ed è forse il difetto più diffuso tra le attività di marketing degli ultimi mesi. Manca la comprensione del mezzo. Ormai Instagram lo padroneggiamo, ok, ma TikTok? È evidente che all’interno degli uffici comunicazione dei brand ci siano ancora poche competenze specifiche in questo senso e lo capisco - io stessa sto provando ad ambientarmi nell’app.
P.S. Proprio oggi è partito un ulteriore progetto di comunicazione, una sfilata con viaggio nel deserto con stampa e creators a più non posso. Sarà (forse) l’occasione per capire qualcosa di più sul prodotto che sta dietro al rebranding.
L’ospite di questa settimana è Jacopo Bedussi, style editor di GQ Italia e finalmente portatore di un po’ di moda uomo in questa newsletter. I suoi quattro must: 1. «un soprabito doppiopetto in raso di Prada (benedette svendite!), perché tra i miti fondativi della mia fissa perla moda c’è Gary Oldman in quella stracitata fall winter 2012 della suddetta Miuccia» 2. «una felpa con cappuccio grigio sbrillucicosa perché c’è del lurex nel jersey di Hedi Slimane quando era da Dior Homme, direi a occhio ss2006. Non la indosso più ma è una malinconica reliquia del me teenager» 3. «questo completo di Thebe Magugu, perché lui secondo me è un genio» 4. «una Kelly. Nera. Perché sì»
22 alternative al fast fashion (Good on You)
Ok, eccoci arrivati. Prossima volta parliamo di shopping per la nuova stagione, preparatevi! 👾🧡
Iscriviti alla newsletter | Le puntate precedenti
Io, su Instagram | I miei consigli di lettura, su Amazon
Copyright © 2020 La moda, il sabato mattina | Graphics @ Studio pesca
Super interessante !! Questo format mi piace veramente tantissimo e ho trovato stupendo l'articolo sulle generazioni di Slate <3