#46 The Perfect Magazine
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Ma torniamo subito a cose modaiole. Dunque, è uscito il numero zero di The Perfect Magazine, diretto da Katie Grand. Non so se e dove si trova, ma con ogni probabilità mentre voi state leggendo io lo sto cercando in giro per Milano e in caso dovessi riuscire a recuperare una copia lo vediamo insieme su Instagram. Cominciamo col dire che di Katie Grand non ne esistono tante 💞
Katie in total Miu Miu, ciabattine comprese.
Negli anni ha lavorato come stylist per grandissimi brand - Prada, Miu Miu, Louis Vuitton, Tod's, Marc Jacobs, Dsquared2, Loewe - riuscendo a creare immagini commerciali, eppure estremamente creative. Prima di Perfect, ha fondato e diretto altri due giornali: POP, dal 2000 al 2008, e Love, dal 2009 al 2020, edito da Condé Nast. Dunque, non solo è una delle stylist contemporanee di maggior successo ma anche la fautrice di due dei progetti editoriali più rilevanti dello scorso decennio. Questo tipo di figura ha nella moda un enorme potere indiretto, quello di portare pubblicità in un giornale. Insomma, se Miuccia Prada si affida a Katie Grand per lo styling delle sue ADV perché poi non dovrebbe anche investire in qualche pagina del suo giornale? Questo la rende anche un'imprenditrice, una capace di creare e gestire un modello di business efficace.
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Qualche mese fa ha annunciato la dipartita da Love per creare, appunto, The Perfect Magazine. Il perché non è dato saperlo, ma forse possiamo farci qualche idea cogliendo le differenze tra i precedenti e il nuovo progetto. E leggendo bene le parole con cui Grand lo ha annunciato: "Il mondo è cambiato e io sono cambiata, e ciò che è importante ora è così chiaro. Raccontare storie belle e importanti non cambierà mai. Ma è tempo di qualcosa di nuovo, è tempo di qualcosa di diverso". Insomma, è lei stessa a dire che quel tipo di giornali lì non hanno più tanto senso di esistere. "Quei giornali lì" sono quelli in cui (quasi) tutte le energie sono concentrate nel creare immagini incredibili, in cui fotografia e styling sono davvero capaci di rendere la moda una forma d'arte. Ovviamente ci vogliono un sacco di soldi e il ritorno non è né facilmente calcolabile, né particolarmente remunerativo, per i giornali e per i brand presenti. Parliamo di riviste con tirature bassissime, pensati e costruiti per addetti ai lavori, che probabilmente hanno gusti fini e un non infinito potere d'acquisto: questo significa che comprano poco e comprano molto "moda". Per farla facile direi che il lettore medio di una rivista come Love oggi si compri più volentieri una giacca di Undercover, piuttosto che una di Dior. E questo non aiuta a mandare avanti la baracca.
Ok, ma cosa può essere una rivista di moda se non quello? Prima di tutto, non può essere più solo una rivista. E infatti The Perfect Magazine si definisce come "una community di creativi che creano contenuti multipiattaforma per e con i brand". Stiamo assistendo alla scomparsa di una linea di separazione netta tra contenuto editoriale e contenuto brandizzato. Non c'era già da molto, perché è ovvio che Katie mettesse ben più volentieri i capi dei suoi clienti piuttosto che no. Funziona così in tutti i giornali (quattro anni fa si parlava molto del problema dei full look) e forse è ora di provare a capire come le cose stanno cambiando.
Le diverse copertine del numero 0 di The Perfect Magazine
(ovviamente la mia prefe è quella con Tim Blanks)
Sostanzialmente The Perfect Magazine è un'agenzia di contenuti e la rivista cartacea e i suoi account social sono la sua vetrina. Una specie di portfolio vivente attraverso il quale mostrare capacità e mezzi ai nuovi potenziali clienti. Non è che sia una particolare novità, tutte le case editrici piccole e grandi fanno consulenze ai brand, così come le fanno i singoli professionisti. Ma oggi più che mai i marchi vogliono porsi come dei media e raramente hanno all'interno risorse con le competenze giuste per occuparsene. Per questo si rivolgono ai giornali, o ai singoli editor. Katie sta alzando l'asticella sul tema, semplicemente perché ha più mezzi e più competenze di altri. E infatti tra i primi inserzionisti di The Perfect c'è Gucci. Il frutto della collaborazione? La rivista è venduta insieme a una registrazione in vinile Flexi-disc di uno degli 11 musicisti selezionati da Alessandro Michele e dal produttore discografico Steve Mackey.
Ha costruito un team piccolo ma già rodato (la maggior parte di loro lavorava già da Love). Soprattutto, sono tutti professionisti già ottimamente posizionati in termini di branding: in poche parole, sono famosi. Questo non li rende migliori giornalisti o migliori stylist, ma significa che hanno saputo cogliere i cambiamenti più velocemente di altri. Un esempio su tutti è Pierre Alexandre M'Pelé, @pam_boy, 28 anni, ha studiato giornalismo alla Saint Martins, poi ha cominciato a scrivere come freelance, poi ancora si è lanciato in una una rubrica scherzosa su Instagram in cui giudica le collezioni attraverso le emoji (prima che iniziassero a farlo molti altri in svariate declinazioni). Ora ha 40mila follower e si è conquistato un post nel colophon di questo mega progetto.
Pam Boy e gli altri (c'è anche un altro "boy" nel team, Bryan Boy, forse l'unico influencer da seguire su Twitter) a colazione mangiano cereali e Instagram, ma anche con gli altri social vanno forte. Infatti Dixie D'Amelio, 50 milioni di follower su TikTok, sorella di Charlie, autrice di un singolo sui problemi mentali legati ai social insieme a Demi Lovato (totally Gen Z, insomma) è una delle protagoniste del numero 0, mentre periodicamente il team si riunisce su Clubhouse per raccontare meglio il progetto editoriale.
La conclusione, per ora, è che il giornale di carta diventa un tomo da collezione e da esposizione (il numero zero ha più di 400 pagine). Instagram è la piattaforma-vetrina su cui si concentrano una miriade di contenuti, dalle classiche foto a digital art e video, fino alla condivisione delle news quotidiane e agli appuntamenti con dirette e dintorni. Dietro c'è un team che lavora per rendere i contenuti editoriali sostenibili (quindi fare cose belle e trovare qualcuno che le paghi) e i contenuti brandizzati editorialmente interessanti (quindi ragionare sui desiderata del brand e provare a inserirli in un contesto di interesse per il pubblico). Se sembra facile, vi dico tranquillamente che non lo è. Ma è probabilmente anche l'unico futuro possibile per l'editoria, quindi stiamo a vedere.
Informazione di servizio. Mercoledì 14 aprile io e Silvia torniamo con una nuova diretta! Il tema della puntata: climate anxiety 🌱 ci vediamo di là! E domani tornano anche le guide sostenibili, poi settimana prossima metto qui il link.
PEZZI BELLI DELLA SETTIMANA
Anche Steff Yotka su Vogue US ha scritto di stile personale, secondo lei la pandemia ha frammentato le tendenze
BoF ha raccontato che l'obiettivo di Pangaia non è (solo) vendere felpe, ma rivendere le proprie tecniche e tecnologie ad altri brand
Per gli appassionati dell'argomento di settimana scorsa, come stanno cambiando i social network e cosa possono fare i brand per adattarsi al meglio
Ha inaugurato il nuovo Browns, gioiellino tecnologico di Farfetch, e io pagherei per essere a Londra in questo momento
Su NSS un bel pezzo di Dario Salamone su un brand di cui si parla poco, Dolce&Gabbana
(Mi fa sempre ridere collocarmi in questa sezione, ma giuro è solo perché ha più senso metterlo qua 😂) Qualche riflessione sull'entrata di Chiara Ferragni nel cda di Tod's e dintorni
MODA DA SFOGLIARE, VEDERE, ASCOLTARE
Se siete interessanti al marketing, ai social e a tutti questi argomenti qui io ascolto spesso Marketing Espresso, che ogni settimana fa il punto sulle novità
Non è vero che non c'è la moda su TikTok: Letizia Schätzinger, fashion director di D Lui Repubblica, spiega le notizie in 30 secondi
Cate (@conoscounposto) sta facendo un sacco di belle dirette su Instagram, vi consiglio quella a tema ansia con la psicologa Valeria Locati (non se ne parla mai abbastanza!) e quella sull'imprenditoria femminile con Chiara Cascella di Espressoh. Qui invece la mia sua intervista per iO Donna
Temo di essere entrata nel loop dei closet tour 🤦🏻♀️
MODA DA COMPRARE
Non si fa in tempo a parlare di abiti midi sostenibili che c'è la solita copiona che ti ruba l'attenzione. Se volete sentirvi un po' Kenny ecco qualche abito di Love Shack Fancy in saldo: uno, due, tre
Qualche giorno fa su iO Donna ho raccontato la storia della Baguette di Fendi, mentre Marti è tornata con la mia-sua rubrica preferita, quella sui look del mese
Ma quanto ci manca Marni di Consuelo Castiglioni? Un giorno ne parliamo in maniera più approfondita, intanto su Vestiaire c'è un sacco di roba: abito multicolor, Trunk color fragola, gonna a fiori (+ paillettes), gli orecchini che mi merito
Sarà che la zona rossa prosegue ma io guardo ancora leggings e top più di tutto il resto. Ormai sono tantissimi i brand che fanno completi super carini: i miei preferiti del momento sono Girlfriend Collective, Licia Florio, The Minu. Per chi vuole qualcosa di più comodo invece Rifò ha messo in prevendita la sua tuta in denim rigenerato (e con il codice FEDERICAXRIFO avete la spedizione gratis)👇🏻
SCUOLA E LAVORO
Su iO Donna è tornata la mia rubrica mensile sulle scuole di moda e vi segnalo anche qui un po' di open day: IUAD Napoli 9 aprile, IUAV Venezia 15 aprile incontro con ex studenti + due settimane di open day, Istituto Secoli 17 aprile, NABA dal 7 al 15 aprile
Max Mara Group cerca un Data Analyst, Tod's un Legal Specialist
MODA DA GUARDARE
Conoscete già la rubrica "gira la moda" di Elena Mariani per Netflix? Se non l'avete mai vista correte, questa puntata è fantastica 👇🏻