#91 Fosse Elisabetta il problema
Finalmente la newsletter è tornata in sesto e quindi rieccoci, colgo l’occasione per dirvi che mercoledì 18 riceverete la prima newsletter Pitch Perfect, sono molto felice!
E poi un’altra cosa bella. Venerdì 20 maggio andiamo a Fidenza Village a parlare di come è cambiato il nostro modo di comprare dal primo lockdown in poi? Saremo io, Silvia Stella Osella e Michela D’Angelo, il format si chiama “Chiacchiere di moda” e ci sarà a disposizione un transfer gratuito che parte da piazza Repubblica (a Milano) alle 16,30 - arriviamo, chiacchieriamo, facciamo un aperitivo e torniamo verso le 20.15. Tutto gratuito ma i posti sono limitati, per prenotare scrivete a RSVP@fidenzavillage.com. E spero che sia il primo di una lunga serie per vederci dal vivo e confrontarci ❤️
E ora cominciamo. Proprio quando pensavo di aver raggiunto il livello di organizzazione massima, ecco che arriva il fuori programma: in effetti non avevo mai scritto la newsletter dal cellulare. La mia routine solitamente consiste nel prendermi qualche ora - a volte il giovedì sera, a volte il venerdì pomeriggio - per isolarmi completamente dal mondo, raccogliere tutto quello che ho salvato nelle note e screenshottato compulsivamente durante tutta la settimana, dedicarmi alla parte inferiore della newsletter, quella con i pezzi belli, le cose da guardare e ascoltare, le idee shopping e i temi della scuola e del lavoro, e poi, alla fine, buttarmi sull’argomento che mi sembra più interessante e provare a metterci del mio con un approfondimento. In termini tecnici tutto questo consiste in un milione di tab aperte sul browser, un po’ di musica e un momento che per me è diventato sacro.
Ma di sacro non c’è proprio niente, soprattutto quando hai un bimbo di sei mesi e un lavoro nuovo di zecca. Così, è venerdì pomeriggio, dopo una mattina di call e email a raffica, sono seduta sul sedile posteriore della macchina (potrei scrivere e leggere ovunque, da sempre) direzione Toscana, con tutta la famiglia e non posso che chiedermi: può davvero esserci un equilibrio tra maternità e carriera?
Elisabetta Franchi, naturalmente, casca a fagiolo. E nonostante non sia mai stata nelle mie traiettorie - se non per la sua imitazione fatta egregiamente da Valentina Barbieri - oggi non posso non citarla. Se ancora non avete sentito le sue dichiarazioni, eccole qui:
In tanti questa settimana mi hanno chiesto se, in questo particolare momento della mia vita, non mi fossi sentita particolarmente scandalizzata dalle sue parole. La risposta è sì, certo che mi hanno fatta arrabbiare, ma non mi hanno scandalizzata. Perché quella è la normalità. I dati raccolti da Elisa Pervinca Bellini su Vogue (sì, stiamo lavorando a tante cose belle e nuove) parlano chiaro: il 42,6% delle mamme tra i 25 e i 54 anni non è occupata, il 39,2% con 2 o più figli minori è in contratto part-time, poco più di 1 contratto a tempo indeterminato su 10 attivato nel primo semestre 2021 è a favore delle donne. Di conseguenza, il tasso di natalità in Italia è di nuovo ai minimi storici.
Il problema è che quello di Elisabetta Franchi non è un caso, ma la normalità. E lo si capisce dal fatto che gli alti ranghi del giornalismo e delle istituzioni presenti non abbiano protestato in alcun modo. È questo che deve scandalizzare: in una stanza in cui l’età media è 50-60 anni nessuno ha detto che discriminare le donne per il desiderio o per la scelta di fare figli sia sbagliato. Non è affatto mia intenzione alimentare l’astio generazionale tra boomer e millennial. Però è un fatto che in quell’occasione persone che hanno raggiunto un’età che permette loro di prendere delle decisioni che influiscono sulla vita della generazione successiva (e anche dopo, andate a leggere l’intervista alla ministra Bonetti su Repubblica, citata da Francesco Costa nella puntata del 10 maggio di Morning) se ne sono completamente lavate le mani. La risposta è quasi sempre “anche noi abbiamo vissuto le stesse difficoltà”. Ma davvero è così difficile accorgersi di quanto il lavoro sia diventato fluido e del fatto che la pandemia ha quasi completamente abbattuto le barriere di spazio e di tempo tra lavoro e vita privata?
È ovvio che per un’azienda l’assenza di una dipendente, specialmente se in un ruolo decisionale, rappresenti un tema da affrontare per far sì che la produttività e i flussi non siano ininterrotti. Ma la soluzione non sta né nel terrorizzare le donne che potrebbero prendere in considerazione l’idea di diventare madri - di storie me ne avete raccontate tante, ma se volete lasciare un commento e condividere la vostra esperienza spesso sentirsi meno sole aiuta ad emanciparsi, vi lascio quella della bravissima Michela Fiorentino Capoferri - né tantomeno nel sottrarre il padre dell’opportunità di essere lui (o anche lui) a togliere risorse ed energie al lavoro per dedicarsi alla cura del bambino. Anche i contratti di sostituzione maternità sono un problema: quale figura midi o senior può impegnarsi per 6 mesi o un anno senza nessuna prospettiva per il dopo? E può una donna vivere bene la sua maternità consapevole che chi l’ha sostituita potrebbe invece risultare più produttiva, e quindi soppiantarla?
Conciliare maternità e lavoro oggi è un problema, su questo non c’è dubbio. Io ho appena cominciato a provarci e ci sono giorni buoni e giorni meno buoni. Ma se c’è una cosa che posso dire dopo questi primi mesi è che non esiste una soluzione uguale per tutte e per tutti: ognuno ha le sue aspirazioni, conferisce un valore specifico al proprio tempo, è produttivo in modo differente. Ma le soluzioni potranno arrivare solo quando cambierà la testa di chi sta sopra. E cioè quando chi sta sopra comincerà a giudicare i propri dipendenti (e i freelance che in termini di diritti e di sostegni economici statali sono enormemente svantaggiati) in base alle competenze, al loro percorso, agli obiettivi raggiunti e alla capacità di portare nuove idee, invece che al numero di sere in cui sono rimaste in ufficio fino all’ora di cena senza dire una parola o alle volte che hanno detto “sì” a una richiesta palesemente ingiusta e ingiustificata.
PEZZI BELLI DELLA SETTIMANA
Balenciaga e il marketing, again (Vogue)
Il termine “sostenibilità” sta perdendo di significato, purtroppo, colpa di chi lo usa a sproposito. Ma cosa significa davvero? (NYT)
Uomini con le mutande in vista, pare che ci risiamo (GQ)
E ti pareva che gli NFT non potessero essere già in crisi (Il Post)
La battaglia legale tra Thom Browne e adidas (Elle)
MODA DA GUARDARE, LEGGERE E ASCOLTARE
La foto più bella di quelle viste per i 90 anni di Valentino (Instagram)
Il documentario Stracci ora è anche su Prime Video (Amazon)
C’è un nuovo libro su Moschino, con testi di Alexander Fury (Assouline)
La figaggine di Dua Lipa, sempre oltre 👇🏻
SHOPPING LIST
Qualcuno ha detto collaborazioni? Marni x Uniqlo, Fendace, adidas x Gucci
Torna anche la Varsity Jacket - la domanda è: cosa non è ancora tornato?! (RUSSH)
Arrivo con la lista shopping maschile, intanto è super carino The Silted Company
SCUOLA E LAVORO
NGG cerca un digital buyer e merchandiser, Karla Otto un logistic assistant, Trussardi un digital & ominchannel intern
C’è un nuovo master di Polimoda in collaborazione con Gucci, lo racconteranno il 23 maggio in un webinar (Polimoda)
Per me sabato mattina diverso dal solito: sarò a Peccioli per parlare della newsletter, magari ci vediamo lì ❤️ Altrimenti a sabato prossimo, buona settimana!
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