#6 Influencer sì, influencer no
Settimana scorsa sul mio account Instagram ho chiesto quale fosse l'impressione sulla larga campagna di influencer marketing che Louis Vuitton ha attivato per il lancio della borsa Pont9. Il brand ha coinvolto diverse influencer di moda che, nello stesso giorno, hanno postato il loro scatto con indosso il nuovo modello: tra loro, @chiaraferragni, @leoniehanne, @jessicajung, @veronicaferraro, @pepamack, @carodaour, @paolaalberdi, @jessicakahawaty, @camillacoelho, @limrebecca, @sophiaroe, @flammedepigalle, @eizagonzalez, @neelofa, @brittanyxavier e @blancamiro + una serie di celebrities/testimonial tra le quali Sophie Turner, Alicia Vikander, Chloë Grace Moretz e Emma Roberts che non hanno postato sui loro profili personali ma sono state fotografate da agenzie stampa.
Sul proprio account Instagram e tramite stampa, invece, Louis Vuitton ha veicolato la borsa con una campagna scattata da Oliver Hadlee Pearch
Premessa: ormai l'avete capito, non siamo qua per elogiare o criticare un brand. Non siamo qui nemmeno per chiederci se la borsa ci piaccia oppure no, né per commentare le singole influencer. Ne parliamo per capirne il senso, come sempre. Vediamo quindi le risposte più frequenti sul tema dell'efficacia di questo tipo di strategia:"Mi sembra che così ce l'abbiano già tutte""Non riesco a identificarmi in queste persone""Preferisco seguire influencer con uno spiccato gusto personale e più fidelizzate al brand"(Poi ci sarebbe tutta la questione sul momento che gli Stati Uniti e il mondo stanno vivendo ma andiamo un po' fuori tema).
@nancy__win mi ha risposto "per come la vedo io, quei tempi sono finiti". I tempi sono quelli delle influencer all-star (>2 milioni di follower) e mega (500mila-2milioni di follower). Non includiamo le mid-tier (100-500mila follower) perché molte di quelle che prima del lockdown erano considerate micro hanno oltrepassato quella soglia facendo davvero un ottimo lavoro (e non c'entra con la moda, ma Caterina è stata davvero brava).
Come per molti altri aspetti, l'emergenza ha solo accelerato un processo che era già in corso. Il processo è quello che mette al centro il consumatore - diventato micro (10-100mila follower) o nano (1000-10mila follower) influencer - il quale coincide con un creatore di contenuto, un giudice (che potrebbe essere disinteressato, oppure no), un driver dei consumi. Perché la maggior parte di chi ha risposto alla mia domanda (sempre su Instagram) sui profili preferiti ha risposto Giulia Torelli! Giulia Torelli! Giulia Torelli! (cit)? Perché Giulia è una consumatrice (incallita). La sua forza sta nell'aver capito che le domande che si pone lei - per esempio quando resta delusa da un paio di scarpe ordinate online e diverse da come se le era immaginate o quando si prova un vestito poco adatto al suo fisico - sono le stesse domande che ci facciamo noi. Tutte ci vestiamo ogni giorno, rispondendo (volenti o nolenti) a delle regole sociali su ciò che è di gusto e ciò che non lo è, ciò che è appropriato e ciò che non lo è, ciò che dona e ciò che non lo fa. E la forza ulteriore di Giulia è quella di infrangere sistematicamente tutte quelle regole, esattamente come noi.
N.B. Se dovesse servire, qui sotto c'è il suo engagement rate che è il dato più utilizzato oggi per verificare il valore dei contenuti di un account Instagram analizzandone le interazioni (quindi like, commenti, condivisioni, ecc). Vi sfido a trovarne di più alti.
Ora però passiamo alla parte nerd. Il grande problema legato alle influencer e ai loro rapporti con i marchi di moda è che la maggior parte di questi marchi non sa bene come muoversi. Soprattutto, non sa come misurare queste campagne e, di conseguenza, non sa attribuire loro un valore, piccolo o grande che sia. L'ultimo "State of Influencer" di Launchmetrics racconta che la misurazione rappresenta il problema più grande per le aziende quando affrontano una campagna di influencer marketing.
I risultati di una ricerca di Launchmetrics sulle sfide poste dall'influencer marketing
Come si fa a stabilire se il post di Caro Daur ha effettivamente portato delle vendite della nuova borsa? O un aumento della conoscenza e dell'interesse del brand (awarness) nella mente di chi lo ha visualizzato? E come si fa a stabilire se il post di Caro Daur ha fatto una di queste due cose (o entrambe) in misura maggiore o minore di quello (molto simile e postato a pochi minuti di distanza) di Leonie Hanne, altra influencer bionda, tedesca, che pubblicizza gli stessi brand e promuove le stesse identiche tendenze (es. muscle tee come sotto)?
Grazie ragazze, ora mi sento veramente ispirata
Abbiamo cambiato molto il nostro modo di usare Instagram con il passare del tempo, e le settimane di lockdown hanno fatto la loro parte anche qui. Oggi l'engagement rate è meno rilevante che mai. Il 78% di chi ha risposto al mio sondaggio ha detto che preferisce le stories ai post, peccato che l'engagement rate tenga conto solo delle interazioni sui post. Non parliamo delle dirette, anche se l'84% di voi preferisce comunque le stories. Se la misurazione era un affare confuso prima - sia per i brand che per le stesse influencer che dovevano dimostrare la propria credibilità (e vinceva sempre e solo chi aveva più followers) - pensate ora.
Settimana scorsa, però, ci sono stati dei cambiamenti, spiegati bene Taylor Lorenz, mio faro nella notte nel giornalismo sull'internet culture, reporter per il New York Times e autrice di un pezzo bellissimo su come tanti di noi hanno vissuto la quarantena. Qui trovate un riassunto di tutte le nuove funzionalità presentate da Adam Mosseri, che è head of Instagram e che se volete una volta a settimana risponde nelle stories alle domande degli utenti. Tra queste c'è il lancio di una serie di features che permetteranno agli influencer di monetizzare direttamente con i loro contenuti (dirette e IGTV). In Italia il lancio non è ancora arrivato (se lo vedete nelle prossime dirette fatemelo sapere!) ma a mani basse direi che può stravolgere qualsiasi regola che è valsa fino a ora. E forse è meglio così.
Pezzi belli di questa settimana, tutti dedicati a #BlackLivesMatter
Quello che stanno facendo i brand per supportare la comunità nera
Il casino intorno a Virgil Abloh, spiegato
Più di 90 creators da seguire, 87 brand e un sacco di addetti ai lavori
E mi raccomando.
Moda da vedere e da ascoltareSe non si fosse capito, "MEMOS" mi è piaciuta molto. Al Poldi Pezzoli fino al 28 settembre
Scopro ora la serie di podcast "Creative Conversations" di Suzy Menkes che intervista Maria Grazia Chiuri, Stephen Jones, Alber Elbaz, Olivier Rousteing, Marine Serre, Federico Marchetti e Natalia Vodianova: addio weekend
È online (fino al 30 giugno) la mostra virtuale sul lavoro di Glen Luchford, "Selected Works 1990-2020"
Moda da comprare
Quando scegliete il prossimo vestito a fiori ispiratevi a un film, consigliate da Stella RomoliNeubau Eyewear è un marchio viennese di occhiali da sole e da vista molto validi (io ho il modello Frida)
Come avrete capito ho una piccola passione per i gioiell. Quanto sono carini i ciondoli-ghiaccoli di Aliita?
Fino al 9 giugno qui trovate una selezione di borse e accessori di Gianni Chiarini e GUM in saldo
Anche Matches (uno degli ecommerce con la selezione migliore) ha messo in saldo un po' di cose della PE20 (anche voi mettete sempre in ordine i risultati dal prezzo più basso per trovarvi a scorrere pagine e pagine di mutande fino ad arrivare al primo top bello che comunque è già troppo caro??)
Cose che mi posso permettere su Matches 😅
Moda da guardare
Nel 2018 Tyler Mitchell (classe 1995) è stato il primo fotografo afroamericano a scattare la copertina di Vogue America, protagonista Beyoncé. Nell'intervista che accompagna il servizio sul sito, Tyler ha detto "Per così tanto tempo i neri sono stati considerati cose. Siamo stati materializzati fisicamente, sessualmente, emotivamente. Con il mio lavoro sto cercando di rivitalizzare ed elevare il corpo nero".
Qui il backstage dello shooting:
Seguitelo su Instagram per approfondire il suo lavoro.
La campagna autunno inverno 2019/2020 di JW Anderson, scattata da Tyler Mitchell
Qui, invece, il NYT aveva selezionato altri fotografi afroamericani che stanno lavorando per sfidare una cultura ancora fatta di stereotipi (e rivoluzionarla).