#20 Criticare o non criticare
In queste settimane convulse - più lente, ma comunque sature di informazioni - tra gli addetti ai lavori si è molto parlato di come stanno cambiando le cose, nel bene e nel male. Sul tema è uscito un pezzo super interessante di Robert Williams, ex giornalista di Bloomberg e ora corrispondente a Parigi per BoF (esistono ancora!?). Insieme a tanti dati sull'evoluzione del rapporto tra marchi e media negli ultimi mesi, Williams ha scritto della decisione di Condé Nast di unificare le review delle sfilate: sarà una sola, poi tradotta e distribuita su tutti i siti delle diverse edizioni internazionali.
Scrivere le review delle sfilate - soprattutto su certe testate - corrisponde al posizionarsi nell'Olimpo della moda, in una posizione privilegiata da cui è possibile accedere a ogni mega evento (ora non sono più tanto mega, ma ciò che importa è l'esclusività) e, ovviamente entrare in possesso delle informazioni prima degli altri. Quindi, la decisione di ridurre le review su Vogue è un piccolo terremoto nella bolla della moda.
Condé Nast ha assoldato negli anni alcuni dei critici di moda più famosi, prima su tutte Suzy Menkes, che era arrivata nel 2014 dopo una carriera all'Herald Tribune e al New York Times e che lo scorso luglio ha annunciato la sua dipartita (ma non la pensione), ma anche Sarah Mower, Tiziana Cardini, Luke Leitch, Nicole Phelps, Anders Christian Madsen per la versione UK. Questi sono già tutti "nomoni", a cui vanno aggiunti quelli di altre testate: Tim Blanks di Bof, Cathy Horyn del New York Magazine e The Cut, Matthew Schneier del New York Magazine e The Cut, Sophie Fontanel di L'Obs, Bridget Foley di WWD, Robin Givhan di The Washington Post, Alexander Fury di AnOther Magazine, Godfrey Deeny di Fashion Network, Vanessa Friedman del New York Times, Angelo Flaccavento di Bof, Booth Moore di WWD, Elizabeth Paton del New York Times. In Italia, poi, ce ne sono diversi altri: Serena Tibaldi di Repubblica e D, Paola Pollo di Corriere della Sera, Daniela Fedi di Il Giornale, Antonella Amapane di La Stampa, Antonio Mancinelli di MarieClaire, Michele Ciavarella di Style e qualcun altro me lo sto sicuramente dimenticando.
A parte Anders Christian Madsen, che è stato chiamato da Edward Enninful nel 2017 per formare la nuova squadra di British Vogue (e che squadra, ne parlo qui), tutti i sopracitati fanno parte della generazione senior di critici e giornalisti di moda. La squadra Condé Nast, l'abbiamo detto, sta attraversando un periodo di cambiamento, ma anche gli altri non mi sembrano di ottimo umore: litigano tra di loro (consiglio di recuperare la saga Le Figaro, con giornalista francese che prima annuncia il fiasco della MFW e poi la sancisce come l'inizio del Rinascimento, e gli italiani incazzati, chi più e chi meno) ma, soprattutto, odiano le sfilate digitali. Se seguite Vanessa Friedman su Twitter lo sapete, non c'è giorno in cui non sottolinei la difficoltà di giudicare vestiti da remoto (scusate, io la amo). Comunque, tutti sono d'accordo sul fatto che così non si lavora.
Invece, come spiega Chantal Fernandez - altra bravona giovane, ha cominciato nel 2014 da Fashionista - si sta formando una nuova generazione di critici e molti di loro non lavorano neppure per un giornale, oppure non utilizzano solamente il giornale come mezzo per fare giornalismo. L'articolo è questo, so che l'abbonamento a Bof costa un sacco, quindi ve lo riassumo. Ha raccontato principalmente le storie di Luke Meagher, aka HauteLeMode, 23 anni e 500k iscritti su YouTube, e di Pierre Alexandre M'Pelé, su Instragram @pam_boy, 34k follower, nuovo cocco di Katie Grand da The Perfect Magazine, autore di recensioni con le emoji su Instagram per cui ha coniato addirittura un glossario e di alcuni altri casi meno interessanti. Il succo è che questa nuova generazione prova a presentarsi come integra, criticando fortemente quella precedente con frasi come «Non si sa mai se [le riviste o altre pubblicazioni di moda] stanno dicendo qualcosa solo perché vengono pagate per farlo». Ma il giornalismo di moda non è e non potrà mai essere del tutto oggettivo e, per quanto sia assolutamente giusto (e avrete capito che sto da quella parte) lasciare da parte certe "brutte abitudini" e provare ad applicare con costanza le regole di obiettività, imparzialità, completezza e correttezza, è bene conoscere a fondo le dinamiche che lo muovono prima di eleggere nuovi eroi.
Sì, lo so che non ho scritto degli ultimi due giorni della Milano Fashion Week ma potete recuperare tutto qui e tramite i link interni. E lo so che ci sono le sfilate di Parigi ma, siccome questo è un meraviglioso spazio libero, ho parlato d'altro (poi comunque ne parliamo settimana prossima con tutte le sfilate sul piatto 🤪). Mi lascerò solo andare a una menzione speciale, per buttarla un po' sul ridere e dichiarare una volta per tutte che anche una secchiona non può essere del tutto imparziale: non una, non due, ma ben tre scatole in una settimana.
Una cosa su questa newsletter che mi sembra possa essere interessante per voi che la leggete e per quanti di voi stanno valutando di intraprendere un progetto personale. Ieri per la prima volta ho fatto i conti e non mi ci comprerò casa, ma è sicuramente in forte crescita: continuate ad arrivare - non so bene da dove - e di questo vi ringrazio perché dà senso al lavoro. Grazie specialmente a Giovanna, Sara, Benedetta, Alice, Alice, Marianna, Nunzia, Serena, Silvia, Giada, Giorgia, Valeria, Brigitta, Matilde, Federico e Marta, Giulia, Eleonora, Jessica, Camilla, Alessandra, Martina, Guido, Manuela, Ilenia, Simone, Cristina, Cristina, Davide, Chiara, Cecilia, Manuela, Giulia, Alice, Eleonora, Camilla, Mirta, Fiorenza, Martina, Olga, Alberta, Simona, Rene, Alessia, Margherita, Elisa, Luisa, Giulia, Debora, Alessandra, Susanna, Giulia e Barbara, Enrica, Valentina, Ilaria, Chiara, Benedetta, Mayra, Emanuele... Insomma, a tutti quelli che hanno donato. E grazie a chi scegliesse di farlo oggi: questa newsletter piccola e grande insieme, fatta nei ritagli di tempo ma a cui penso tutto il giorno, sarà sempre gratuita, ma potete dare un contributo - una tantum o periodico e dell'ammontare che preferite - impostando un pagamento a questo link.
Pezzi belli di questa settimana
A proposito di opinioni, eccone una interessante di Michael Coedy: sostiene che "dare al cliente quello che vuole piuttosto che ispirarlo con nuove grandi idee di moda ha i suoi limiti" non possa avere futuro
i-D ha intervistato Dana Thomas (autrice di Gods and Kings: The Rise and Fall of Alexander Mcqueen and John Galliano, imperdibile) su un altro libro, Fashionopolis, che non ho letto e qualcuno mi dica com'è se l'ha già fatto!
Pochi giorni prima del debutto da Givenchy (domani sera!), Tim Blanks ha intervistato Matthew Williams
I numeri della copertura social della NYFW non sono meravigliosi
Moda da leggere, vedere e ascoltare
A$AP Rocky, Iggy Pop and Tyler, The Creator... Che ve lo dico a fare
Ieri è uscito Savage X Fenty... Che ve lo dico a fare volume 2
Un libro interessante per iniziare: Fashion Designers A-Z, edizione 2020
In Italia si fa ancora poco (menomale che c'è @talkinpills!), qui Lindsay People Wagner, editor-in-chief di Teen Vogue racconta la sua carriera
Moda da comprare
Quando vi manca l'idea per lo styling, guardate i film! Stella Romoli ha messo in fila 6 modi fighi per abbinare il trench (e questo di Benetton è super carino)
Altra giacca per la mezza stagione: l'impermeabile di RainsUn brand di collane facili e carine
Per resistere all'acquisto dei chunky boots, tre modelli di stivaletti neri che non passeranno di moda: uno*, due* e tre * (anche se sto pensando a questi dall'anno scorso)
Ma la bellezza dei maglioni di VIRGO KNITS, scovati da Silvia Cicchetti
Moda da guardare
Tutta la mia stima per gli account esteticamente coerenti, la fissa di questa settimana è @untitledinspiration.