#69 I vestiti alle sfilate
Un altro mese di sfilate è finito. Quello che faccio abitualmente è salvare immagini, prendere qualche appunto, leggere le review dei critici, tutto giorno per giorno per poi elencare le tendenze prodotto della stagione; questa volta, però, mi rendo conto che questo lavoro forse non ha più senso. Mai come adesso le sfilate sono servite a dire che il loro stesso ruolo nel sistema è cambiato: ora servono a fare branding, spettacolo, comunicazione. E che le cosiddette “tendenze di prodotto” arrivano da altre parti: serie tv, celebrity styling, mondo della musica, eccetera. Mentre andavano in passerella centinaia e centinaia di vestiti, molti dei quali non saranno nemmeno prodotti mentre gli altri resteranno comunque fuori dalla portata della stragrande maggioranza delle persone, Squid Game faceva salire le ricerche online delle slip-on bianche di Vans del 97%, secondo Lyst, solo per fare un esempio.
E quindi, dei vestiti? C’è comunque qualcosa da dire. Se da una parte questa sarà ricordata come la stagione dei formati disruptive - hello, Balenciaga, ritrovate tutto qui -, si è parlato e si parlerà anche del ritorno del sesso in passerella, dei corpi e delle taglie, delle vite basse e delle minigonne, della femminilità e della mascolinità. Quello che è probabile è che cominceremo a vedere questo nuovo sentimento del vestire fin da subito, se non è già tra noi.
Cosa va di moda. Non parliamo di una scienza esatta, ormai lo sapete, ma un ottimo metodo per verificare se una tendenza è reale o se si trova solo nella vostra testa (in fondo chi non desidera fortemente il ritorno dei jeans a vita bassa 😩) è utilizzare Tagwalk. Inserendo il nome della tendenza desiderata e facendo il confronto tra stagione trattata e quelle precedenti, infatti, si capisce subito se questa è in aumento oppure no. Quindi, per la primavera estate 2022 abbiamo 605 proposte di minigonne, contro le 289 della primavera estate 2021 e le 344 della primavera estate 2020. Poi: 418 pantaloni a vita bassa, contro i 182 della PE21 e 136 della PE20. 993 capi sparkling, contro i 461 della PE21, mentre già con la PE20 erano 870 (da questo possiamo dedurre che uno dei trend più forti di sempre per le stagioni estive ha subìto una drastica riduzione durante la pandemia, perché giustamente dove vai con l’abito di paillettes in lockdown?). Una più generica tendenza 2000’s ha 702 proposte per la primavera estate 2022, 56 con la PE21, mentre non è presente nel report della PE20.
Dunque, facciamolo. Elenchiamole queste tendenze di stagione che ci dicono che avremo voglia di essere tutti sexy e scoperti: minigonne, pantaloni cargo a vita bassa, completini stile Clueless, catene e catenine intorno al corpo, corsetti, top cut out, paillettes, farfalle, trasparenze e nudità varie, minimal bianco e nero, ombelico a vista e mutande pure, spacchi pazzeschi. Allego pregevolissimo moodboard dimostrativo 👇🏻
Ma stiamo a vedere. Perché ora il punto è capire se questi trend resisteranno fino all’arrivo degli abiti nei negozi - febbraio non vi sembra lontanissimo? -, oppure se la sensazione che #Y2K fosse già finito su TikTok e Instagram alla fine dell’estate, con i microtop di Jacquemus e le bandane di Dua Lipa, era fondata. E se fosse davvero così? Se la collezione di Miu Miu ci avesse fatto emozionare - perché come ha scritto Vanessa Friedman «se la pandemia ha fatto qualcosa, ha alzato l'asticella sugli indumenti in cui viviamo e il livello a cui devono connettersi» - ma fosse, come le altre, fuori tempo rispetto a come funziona oggi il mercato?
The struggle is real. Non in termini di creatività. Sia i vestiti che i formati di questo mese in cui la moda è tornata grande (mega show, location incredibili, red carpet, celebrities e così via) ci dicono che la pandemia non ha scalfito la sua capacità di dirci come stiamo. Ma il circuito è rotto, perché quei vestiti e quei formati ci dicono come stiamo ora, appunto, non come staremo tra sei mesi. Il mondo va troppo veloce perché la progettazione della moda possa veramente anticiparlo. Al massimo - ed è già tanto - può dipingerlo come non sapremmo farla da soli, trasformare le nostre sensazioni in realtà, che sia una sfilata troll come quella di Demna o una gonna tagliata al vivo di Miuccia.
INFO DI SERVIZIO
Aspettando la mia big news del 2021 ne è arrivata un’altra 💣 Dal numero di ottobre mi trovate su Vogue Italia con Bloc-notes, una rubrica-spiegone (sempre grazie a Il Post per il termine in prestito) con la quale proverò a fare ordine tra i piccoli e grandi eventi del settore. Un’altra scusa per mandarvi in edicola, insomma 🤓
P.S. Per il lancio del #privacyissue abbiamo anche già parlato di presenza online, tra Chiara Ferragni, Balenciaga e #instagramdown, lo trovate qui.
PEZZI BELLI DELLA SETTIMANA
Ok, io Squid Game ancora non l’ho visto (sono l’ultima sulla Terra ad avere iniziato This is us, giusto?), ma la moda è già on 🔥, con una delle protagoniste nominata testimonial di Louis Vuitton dopo essere passata da 40mila a 15 milioni di follower in una manciata di giorni (Vogue Business)
Fareste mai shopping su TikTok? (NSS)
Storia di Made in Carcere, produzione moda realizzata a partire dalle rimanenze della moda italiana (Il Post)
Gli stilisti cinesi che sfilano a Milano li conosciamo? (Brava Federica Caiazzo che debutta su Jing Daily!)
MODA DA GUARDARE, ASCOLTARE, SFOGLIARE E COMPRARE
35 look belli in altrettanti film, per ripassare (Russh)
Uno dei team editoriali più cool del momento, quello di The Cut, composto dall’editor-in-chief Lindsay Peoples-Wagner, la critica Cathy Horyn e la style director Jessica Willis e immortalato durante il fashion month 👇🏻
In cerca di qualcosa da fare nel weekend? A Milano ha aperto Gucci Circolo, con una serie di stanze che ricreano i vari capitoli del brand, mentre alla Cardi Gallery c’è Irving Penn
SCUOLA E LAVORO
La vita da freelance raccontata dai freelance (Siamo Mine)
YOOX NET-A-PORTER GROUP cerca un head of strategic projects, Giorgio Armani un social media content editor, Fendi cerca un visual merchandising project designer, TikTok cerca un editorial specialist
BONUS TRACK. Mi sembra che siano passate già settimane anche dall’#instagramdown (e #whatsappdown e #facebookdown) di lunedì scorso. Il tempo di commentarlo con qualche meme e via, mentre Clara Mazzoleni ha fatto una riflessione sulla possibilità di una realtà collettiva senza social che trovo decisamente condivisibile. Quando ho iniziato a usare i social per lavoro mi ero promessa di stare offline la domenica, o almeno di non produrre contenuti. Poi, sempre più spesso, mi rendo conto di cercare una scusa per rompere questo patto, mi sembra che ci sia sempre una buona ragione per postare. Ora ci riprovo, un giorno a settimana totalmente offline (il difficile è anche non guardare!) e poi vediamo come va (Rivista Studio).
Eccoci alla fine, tempo di scendere dal rollercoaster di settembre. In realtà, se ci pensate, era fine agosto quando commentavamo Zendaya in Balmain a Venezia e oggi siamo al 9 ottobre! Quindi buon riposo, se volete, e buona settimana 🛋️💫
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