#68 Live da Parigi
Sarà forse un cliché, ma nei periodi di fashion week mi trovo sempre a pensare a quanto sia diverso l’approccio del sistema italiano da quello americano, inglese… E, soprattutto, francese. La mia impressione - ditemi che è così anche per voi! - è che “noi” (istituzioni, stampa, addetti ai lavori, appassionati) ci facciamo sempre un sacco di paranoie, siamo fissati con la coerenza delle nostre scelte e siamo anche i primi a bastonarci se per caso non manteniamo quanto detto. I francesi se ne fregano. Fanno bene? Non lo so, ma proviamo a dare un contesto a tutto questo.
Di cosa stiamo parlando. Ad Aprile 2020 Saint Laurent pubblicava un comunicato stampa che recitava così: «Ora più che mai, il marchio guiderà il proprio ritmo, rispettando il valore del tempo e connettendosi con le persone in tutto il mondo avvicinandosi ai loro spazi e alle loro vite. Con questa strategia salda in mente, Saint Laurent non presenterà le sue collezioni in nessuno degli appuntamenti prestabiliti del 2020. Saint Laurent prenderà il controllo del suo calendario e lancerà le sue collezioni seguendo un piano concepito secondo l'aggiornamento degli eventi e guidato dalla creatività». Dunque noi abbiamo preso atto che il brand si stava facendo portavoce di un bisogno di cambiamento sussurrato per anni e gridato a gran voce durante la pandemia, mentre tutti gli altri stavano a guardare, aspettando qualcuno che, appunto, facesse da apripista. Due sfilate digitali dopo, questa settimana Saint Laurent è tornato a sfilare nella sua consueta location, ai piedi della Tour Eiffel e con centinaia di invitati.
Le ragioni del dietro-front. Non le so perché il brand non le ha fornite. Ma per quanto i francesi possano essere comunemente più aperti al contraddirsi di noi, viene spontaneo dedurre che un evento anche grande abbia tutto da perdere nel fare a meno di un contesto - quello della settimana della moda - e della presenza degli ospiti, che siano mega influencer tipo Rosé delle Blackpink, che con il primo dei suoi post legati alla sfilata ha totalizzato 6 milioni di like (per fare un paragone Chiara Ferragni ne fa in media 600mila) o uno dei tanti addetti ai lavori ormai abituato a coltivare il proprio feed come se fosse un giardino di piante rare. I numeri sono da prendere con le pinze, perché non sappiamo se e quali contenuti siano stati “spinti” dall’ADV. Comunque: lo streaming dell’ultima sfilata live di Saint Laurent (autunno inverno 2020/2021) ha fatto 1,1 milioni di views, la primavera estate 2021 nel deserto 5,1 milioni, l’autunno inverno 2021/2022 in Islanda 10 milioni, la primavera estate 2022 dell’altro giorno 230mila. L’ultimo potrebbe salire ancora di molto, ma evidentemente non è stato spinto quanto i due digitali dallo stesso brand. Poi bisogna fare un check anche delle altre piattaforme: c’è chi la sfilata la guarda direttamente dal sito del marchio (i dati non sono visibili), su Instagram (dove a dire la verità i numeri di chi guarda una sfilata in diretta sono mediamente bassi per tutti i marchi, nell’ordine precedente 7000 views, 1 milione e 400mila, 348mila, 63mila). Un altro dato importante per trarre delle conclusioni è quello relativo ai tag social nelle ore dell’evento; ci sono agenzie che si occupano di analizzarli e mi appunto di condividerli con voi quando li ricevo, magari ci aiutano ad avere una visione più chiara del tutto.
Mica solo Saint Laurent. Un altro che ha dimostrato di rimpiangere le potenzialità di un evento dal vivo è Balmain. Neanche una settimana fa ci eravamo stupiti del buzz del party a sorpresa in casa di Donatella, quello con il quale è stato svelato il progetto “Fendace” di cui forse avrete visto girare un paio di video e foto lo scorso weekend 😵. Ma l’approccio italiano al voler tornare alla normalità ma in sicurezza è impallidito davanti ai 6000 (sì, avete letto bene, con buona pace dei nostri locali ancora chiusi) invitati alla sfilata per i dieci anni di Olivier Rousteing alla guida di Balmain. Balmain è un marchio con una storia recente strana: Rousteing non è così osannato come ci si aspetterebbe che lo fosse il primo direttore creativo di colore di una maison francese (pensate alla celebrazione femminista di Maria Grazia Chiuri, prima donna alla guida di Dior), ma allo stesso tempo il suo lavoro gode di vendite solide e di un target consumer affezionato, poco avvezzo ai capricci di umore del mercato del lusso. Vi ricordate quando vi ho fatto vedere il commento di Haute le Mode al guardaroba di Chiara Ferragni? Le giacche di Balmain erano tutte lì, in infinite varianti colore, dallo stile precisissimo e in cui si rivedono un sacco di donne (e uomini). Se volete recuperare qualche informazione su Olivier, vi ho già segnalato anche il nuovo documentario di Netflix.
E online? La sfilata-evento è stata condita di tutti gli elementi che determinano il successo di uno show anniversario - dedica di Beyoncé compresa -, dunque mi aspettavo facesse anche collassare internet. Invece: 77mila views su YouTube, 71 su Instagram (ma 637 la clip breve con l’uscita finale delle top, da Naomi a Carla Bruni), 117mila su TikTok. Non sono numeroni, ecco. Ma bisogna scavare più a fondo. Le views di un evento, infatti, sembrano non essere la priorità all’interno di una strategia di marketing molto diversificata, che comprende la versione live dell’evento (e le sue ricadute social) ma non solo. 4000 dei presenti all’evento, infatti, erano spettatori paganti che, oltre alla sfilata hanno goduto anche di un breve concerto di Doja Cat, ha riportato BoF. Democratizzazione, apertura (a chi se lo può permettere, ma tant’è).
La sfilata è solo “una delle”. Sempre BoF racconta che Balmain ha prodotto una propria serie tv, Fracture, disponibile su Channel Four e con i personaggi tutti vestiti brandizzati. I risultati? 4,6 milioni di views, non male. È un tentativo, naturalmente, e niente ha a che vedere con l’operazione di marketing dell’anno (fino ad ora) del marchio, e cioè quella di vestire Zendaya alla Mostra del Cinema di Venezia e lì davvero è cascato l’internet. Forse ci dice anche che l’esperimento delle fashion week digitali è stato bello, ma è anche già davvero finito. A un anno e mezzo di distanza è chiaro che la visione di una sfilata sia - giustamente - qualcosa che interessa solo a chi ci lavora (e comunque anche noi ci annoiamo ogni tanto 🙈), mentre il pubblico apprezza la moda quando questa comunica con altri ambienti creativi: la musica, le serie tv, l’entertainment. Mi sembra giusto così, perché in fondo i vestiti sono solo vestiti, finché non stanno addosso a qualcuno che regala loro una personalità, che ne dite?
PEZZI BELLI DELLA SETTIMANA
Vestirsi in maniera stravagante è obbligatorio quando si frequenta una scuola di moda? (1Granary)
Cos’è un NFT (i-D)
Christopher Morency ha un punto di vista interessante sulle collaborazioni del lusso, da Gucci x Balenciaga a Fendace, e c’entra con la credibilità (Highsnobiety)
Come trovare un produttore - non è così semplice (BoF)
MODA DA GUARDARE, ASCOLTARE, SFOGLIARE E COMPRARE
Una rivista indipendente che non conoscevo, piena di pezzi belli: Soap Opera Magazine
Se anche per voi l’inizio dell’ottobre rappresenta un breve ma intenso momento “voglio vestirmi come la regina Elisabetta”, sappiate che per la giacca quilted o ora o mai più: un marchio made in Suffolk è Lavenham che ha fatto anche alcuni modelli in tessuto riciclato
La storia della mitica Diana Vreeland, che si autodefiniva la dea della moda (D la Repubblica)
Un abito che avete visto mille volte, spiegato 👇🏻
SCUOLA E LAVORO
GRLS spiega quanto costa aprire la partita IVA (Instagram)
NSS cerca un content manager per la sezione sport, YOOX cerca un creative content editor, Loro Piana un content specialist, The Level Group ha diverse posizioni aperte a Milano e non solo
BONUS TRACK. Non smetto di stupirmi quando mi rendo conto che non mi capita quasi mai di parlare con qualche mio coetaneo che sia soddisfatto nei confronti della propria vita professionale. Se si parla di donne, poi, la situazione peggiora ulteriormente: è come se al compimento dei trent’anni tutte si rendessero conto di avere corso una maratona senza alcun traguardo da raggiungere. Lisa Miller ha messo giù qualche riflessione sul tema (The Cut)
Anche questa settimana siamo arrivati in fondo ma la prossima dovrebbe essere ancora più scoppiettante: mercoledì arriva la newsletter dedicata allo shopping, On Wednesdays we wear pink, e parleremo di cappotti, mentre per sabato avrei in programma un bel ripassone su tutte le collezioni più interessanti presentate questo mese. Tutto questo mentre entro allegramente nella 39esima settimana e, niente, il mood è un po’ questo.
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