#59 Come cambia la prima fila
Non so se vi è mai capitato di vedere Vanessa Friedman a una sfilata. A me sì, me la trovavo spesso di fronte durante una fashion week di Londra, l’ultima a cui sono andata prima della pandemia, e, beh, potete immaginarvi il mio livello di stalking - perché alla 60esima newsletter l’avrete capito che è la mia preferita. Vanessa arriva sempre in anticipo, e già con questo sento che potremmo essere ottime amiche. Mentre aspetta è evidentemente stufa di aspettare, soprattutto quando sarebbe poi arrivato l’orario di inizio e in realtà manca ancora una buona mezz’ora abbondante (🙋🏻♀️). Guarda il telefono, direi che controlla le mail o poco più, non si mette lì a scrivere di massimi sistemi, ecco. Durante la sfilata fa solo un paio di foto e video e li posta in diretta su Twitter, con una frase che sembra buttata lì ma non è mai banale. Non ha Instagram, invece, ma spesso la trovate in diretta sull’account moda del New York Times. Soprattutto, alle sfilate, Vanessa non parla con nessuno. Se il/la pr di turno va a salutarla lei risponde in modo educato, con un sorriso appena accennato e conclude velocemente la conversazione. Ma è come se intorno avesse il vuoto. Mi sono detta che forse non parla con i colleghi (soprattutto con quelli di Condé Nast) perché ne scrive spesso e beh… Setacciate in giro, non è che ci siano molti giornalisti che scrivono di editoria di moda. Comunque, Vanessa Friedman non è la tipica fashion editor: non si veste con i look di sfilata (di solito è in jeans, blazer e stivali), non socializza con i colleghi, alle feste si defila.
Dunque nella mia testa è un po’ super partes - voi direte, facile quando si è fashion director del NYT, invece io credo sia anche una questione di carattere. Nella moda è normale essere molto socievoli, vestirsi in maniera bizzarra, prendere tutto alla leggera. Friedman ha dei modi diversi. Questo non significa che sia una critica migliore o peggiore, e qui si sfocia nei giudizi personali, ma che sia capace di raccontare qualcosa in cui è direttamente coinvolta con freddezza e lucidità, questo sì. Dunque oggi partiamo da questo suo pezzo epico (in realtà è un pezzo corale, con Elizabeth Paton e Jessica Testa, perché al NYT i pezzi corali li firmano tutti, non solo il capo) in cui si parla proprio delle fashion editor, quelle colleghe che stanno (o stavano) sedute in prima fila di fianco a lei alle sfilate. E proviamo a capire che cosa sta succedendo nei giornali, aggiungendoci un focus sull’Italia. Teniamo fuori i gossip - ce ne sono una marea e quando e se si trasformeranno in notizie sarò la prima a comunicarveli.
Partiamo da Vogue. E con Vogue intendo tutte le edizioni globali di Vogue, perché così sarà sempre di più. Al timone resta Anna Wintour, direttrice di Vogue US dal 1988, chief content officer di tutti i prodotti Condé Nast e global editorial director di tutti i Vogue dallo scorso dicembre. Subito sotto, per l’Europa, c’è Edward Enninful, suo pupillo (dovete rivederlo con altri occhi in The September Issue), direttore di British Vogue dal 2017 e direttore editoriale delle edizioni europee di Vogue dallo scorso dicembre. Poi Simone Marchetti, direttore di Vanity Fair Italia dal 2019 e direttore editoriale delle altre edizioni europee di Vanity Fair dallo scorso dicembre. Will Welch, direttore di Gq Usa, e direttore editoriale delle altre edizioni di Gq dallo scorso dicembre. Poi ancora Margaret Zhang, direttrice di Vogue China dallo scorso febbraio. Questa è la nuova squadra, per ora. Fuori invece Christiane Arp, ex direttrice di Vogue Germania, Eugenia de la Torriente, ex direttrice di Vogue Spagna, Angelica Cheung, ex direttrice di Vogue China. I rumors sull’uscita di Emmanuelle Alt, direttrice di Vogue Paris, non sono stati confermati, né ci sono notizie su Emanuele Farneti, direttore di Vogue Italia. Chiude Vogue Netherlands, mentre apre ad agosto Vogue Scandinavia. All’interno di Condé Nast Italia si è chiusa la trattativa per i 26 giornalisti in esubero (su 69) a cui è stata offerta una buonauscita di 36 mesi in cambio di dimissioni spontanee. La riorganizzazione delle redazioni italiane deve ancora essere annunciata (per questo motivo Anna Wintour è passata da Milano prima di andare a Parigi per la Couture), ma sappiamo che ci saranno più contenuti in syndacation (condivisi tra le testate internazionali). Qui un po’ di informazioni supplementari.
Anche in Hearst Italia si è concluso il piano di ristrutturazione annunciato qualche settimana fa e voluto dalla casa madre americana: fuori metà dei dipendenti dei giornali con un piano di incentivi strutturato in base all’anzianità del singolo. Massimo Russo è ora direttore responsabile di Elle, Marie Claire e Cosmopolitan, oltre che di Esquire. Ivana Spernicelli è vicedirettrice moda e immagine di Elle e Marie Claire. Elena Mantaut è vicedirettrice vicario di Elle e Marie Claire. Non ci sono notizie su Harper’s Bazaar Italia, che esiste in versione digitale da febbraio 2020 e la cui edizione stampata non è mai stata ufficializzata (complice la pandemia). Giacomo Moletto, country manager di Hearst Italia e chief operating officer di Hearst Europe, ha detto che la priorità sarà data a un coordinamento maggiore tra testate, sul fronte visual e non solo. Fuori Monica Mosca da Gente, Francesca Delogu da Cosmopolitan, Antonella Bussi da Marie Claire e Maria Elena Viola da Elle. Ma anche molti di coloro che a quei giornali hanno lavorato per anni, giornalisti e stylist.
Come ha spiegato bene Friedman nel suo pezzo, stiamo dicendo addio a una generazione che non solo ha fatto i giornali, ma ha anche dato ai giornali la propria, personalissima impronta, tra le pagine e fuori, in giro per gli eventi e, soprattutto, in prima fila alle sfilate. Non lo dico con fare malinconico - anche se da appassionata di riviste non posso non vivere queste notizie con un certo trasporto - ma mi chiedo: cosa c’è dopo? Vanessa parla già di nuova generazione: Edward, Will, Simone, Margaret. Ma anche Lindsay Peoples Wagner, 31 anni, direttrice di The Cut dallo scorso maggio, e Samira Nasr, direttrice di Harper’s Bazaar US dallo scorso giugno. Citerei anche Olivia Singer, a capo della sezione moda del sito di British Vogue: secondo me andrà lontano, e in un’intervista recente ha parlato proprio di possibilità per la nuova generazione di addetti ai lavori. Parliamo di un settore che è stato davvero immobile per anni, se non decenni: le persone ai posti di comando erano quelle e non esistevano possibilità di cambiamento. Potrà sembrare strano da fuori, ma è davvero sconvolgente che Peoples Wagner a 31 anni sia una direttrice - pur di un media digitale -, perché fino all’altro ieri (e in moltissimi casi è ancora così) a 31 anni non avevi alcun titolo in un giornale. Eri (sei) semplicemente una figura junior. Questo non vuol dire che i trentenni non abbiano poi ruoli attivi in redazione, e sarà ancora di più così nelle redazioni che in queste settimane hanno visti dimezzati i loro staff.
Prima di leggere il pezzo di Vanessa non mi sentivo così ottimista. Può davvero cambiare qualcosa finché Anna Wintour sta seduta in prima fila? La direttrice di Vogue è un simbolo, naturalmente, ma anche la persona più potente di questo fragilissimo settore. E i nuovi nomi sono stati messi in quelle posizioni per sgobbare dietro alle direttive sue e di Roger Lynch (CEO di Condé Nast) o avranno davvero la possibilità di provare a disegnare una strada diversa per le riviste di moda? La domanda è poi declinabile a tutte le realtà editoriali di cui abbiamo parlato: a questa nuova generazione sarà davvero data l’occasione per provare a costruire dei prodotti editoriali che renderanno i grandi titoli attrattivi per i loro coetanei, che i giornali evidentemente non li stanno comprando? Perché poi il punto è proprio questo, e cioè che se tutto questo sta succedendo è perché qualcosa ha smesso di funzionare nei giornali. Oppure avranno solo il ruolo di salvare il salvabile, con i team dimezzati e obiettivi da cui non si può scappare?
Comunque da Balenciaga c’era anche un’altra prima fila (no, non quella con Kanye mascherato):
PEZZI BELLI DELLA SETTIMANA
E così la prima vera fashion week post-pandemia è andata, la racconta Cathy Horyn (The Cut) Ma anche, un po’ di street style da questa Couture (Vogue UK)
Complici una serie di decisioni dei governi e dei brand pare che la fine del mercato delle pellicce sia arrivata per davvero (BoF)
Ho provato a fare un po’ di ordine sui grandi gruppi del lusso e sulle voci e i desideri che si rincorrono in queste settimane. Avremo mai un grande gruppo della moda italiana? (Rivista Studio)
Allison P. Davis ha scritto di crisi esistenziali riguardo il proprio stile personale post-pandemia (Ssense)
Leandra si è resa conto di essere una privilegiata (The Cut)
Camille Cherriere parla dell’influencer economy e di come ci siano ancora molti pregiudizi intorno (System)
MODA DA SFOGLIARE, VEDERE, ASCOLTARE
Storia dei sacchetti di plastica nella moda (Dazed)
Suzy Menkes non molla niente (guardate il suo Instagram se non ci credete), qui intervista Jean Paul Gaultier a proposito della collaborazione con Chitose Abe per la sfilata Haute Couture ⬇️
Il reboot di Gossip Girl è andato in onda ieri ma in Italia ancora niente, intanto impariamo a conoscere questi novellini, anche se di Chuck Bass ne rimane uno solo ⬇️
È morta Raffaella Carrà, Stella Romoli ha raccolto i suoi look più belli (Amica)
Copio e incollo qui la mega selezione dei saldi della newsletter del mercoledì: costume intero di Christopher Esber, abito glitter di Paco Rabanne, sandali a listini di Jacquemus, abito in jersey di Vivienne Westwood, micro secchiello di Low Classic, borsa Tangle di Jil Sander, sandali bassi di Sacai x AP.C., sandali con listini di Reike Nen, jeans a vita alta di Alberta Ferretti, abito con applicazioni di Eva. Anche per gli uomini: giacca pile di The North Face, occhiali da sole a mascherina di Oakley, jeans in denim riciclato di A.P.C., polo in lino di Lardini, overshirt di Officine Générale, pantaloncini sportivi di Adidas Performance, occhiali Swift di Balenciaga, camicia stampata di Valentino
SCUOLA E LAVORO
Versace cerca un copywriter, Bottega Veneta un global media coordinator (a termine), Alexander McQueen un wholesale executive, Yoox un junior video creator
Questa settimana hanno sfilato anche gli studenti delle scuole italiane di moda
Un’occhiata a come si lavora da Simone Rocha ⬇️
MODA DA GUARDARE
Tra le tante notizie tristi che arrivano dall’editoria c’è quella della chiusura di Vogue Netherlands, una pubblicazione minore di Condè Nast che ho sempre trovato interessante, soprattutto per la scelta dei fotografi. Ha scattato diverse volte per la testata Carlijn Jacobs che ha anche un sito pazzesco, tra le altre cose.
Per oggi è tutto, ci vediamo sabato prossimo 💫